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Luigi Lovaglio, AD B.Mps: “Per la sua storia MPS può essere protagonista nella costruzione di un terzo polo bancario”

“Credo che per la posizione che riveste nel sistema e per i suoi 550 anni di storia, Mps debba e possa partecipare con un ruolo importante alla costruzione di quel terzo polo bancario italiano di cui si parla da tempo”.

Lo ha detto a Repubblica l’ad di B.Mps, Luigi Lovaglio, spiegando che a questo punto, e in linea con gli accordi presi dal governo azionista con l’Ue, non resta che giocare al meglio la partita del consolidamento, da istradare nel giro di un anno.

Grazie ai tassi rincarati oltre che al riassetto di sei mesi fa, il Monte è una banca che “ormai genera capitale e una redditività sostenibile anche superiori agli obiettivi strategici”, ha aggiunto.

Il mandato che gli ha assegnato il Tesoro, azionista con poco più del 64%, è “molto chiaro”: creare valore “per tutti gli stakeholder, e proseguire nell’attuazione del piano 2022-2026.

Poi il Mef in varie occasioni ha dichiarato di voler perseguire l’obiettivo di un’uscita ordinata”.

Quanto al fatto che il governo si è anche espresso più volte, con favore, sulla nascita di un terzo polo bancario che affianchi Intesa Sanpaolo e Unicredit, “lo scenario base per le banche in Europa è di concentrazione, per renderle più competitive e mettere a fattor comune investimenti e costi di regolamentazione.

Vale anche per le italiane, se vogliono sostenere la concorrenza degli operatori stranieri e migliorare il livello dei servizi.

Anche perciò si parla, da tempo, di terzo polo: e credo che con un approccio imprenditoriale ci si possa arrivare”, ha proseguito il banchiere.

L’azione in Borsa tiene dall’aumento di 2,5 miliardi di novembre.

Sulla possibilità che il Tesoro possa vendere sul mercato pacchetti del suo 64%, “non mi risulta ci siano state dichiarazioni a riguardo.

Considerati i risultati da noi raggiunti, la situazione attuale consente agli azionisti di valutare diverse opzioni strategiche in più rispetto a quelle di cui leggevamo durante le negoziazioni dell’estate 2021, tra ipotesi di spezzatino e di dote pubblica per vendere Mps”, ha continuato il ceo.

Alla domanda se preferirebbe Banco Bpm o Bper come partner per il terzo polo, Lovaglio ha detto di non voler fare “nessun commento sulle opzioni e sui nomi”.

Dal 7 novembre 2022, all’emissione dei diritti dell’aumento, Mps batte del 5% l’indice Euro Stoxx bancario.

Ma quota ancora 0,35 volte il patrimonio netto tangibile, lontana dai multipli delle banche rivali che sono a 0,50: “oggi molti indicatori mostrano che l’azione è estremamente attraente, e man mano che il mercato prenderà consapevolezza dei risultati sostenibili, sono convinto che i multipli andranno ad allinearsi a quelli dei rivali”, ha affermato l’ad spiegando di esserne convinto perché “sto riscontrando grande fiducia” da parte dei clienti, e “grande slancio” da parte dei dipendenti: la macchina Mps “ha ripreso a correre veloce.

I dati commerciali lo confermano: nel primo trimestre 900 milioni di impieghi e quasi 3 miliardi di raccolta lorda nel risparmio gestito, miglior dato da 12 mesi.

Mps è tornata sul territorio a fare quello che sa fare molto bene: la banca commerciale”.

Quanto all’effetto dei tassi Bce sull’utile, Lovaglio ha sottolineato che i rialzi “aiutano il margine d’interesse, che per noi e tutte le banche europee è stato e sarà un fattore di crescita anche i prossimi mesi.

Ma anche senza l’effetto tassi la banca avrebbe performato in linea con gli obiettivi: e ribadisco che la redditività del primo trimestre è sostenibile”.

Alla domanda se la banca riuscirà a replicare i 220 milioni di utile pretasse di marzo nei prossimi tre trimestri.

Una performance che porterebbe a chiudere il 2023 con 880 milioni di utile, più dei 700 che il piano stima al 2024, Lovaglio ha spiegato di credere che, “mediamente, le performance del primo trimestre siano replicabili, non solo a livello di margine ma anche di commissioni, costi e rischi di credito, pertanto a livello di utile pretasse”.

Sull’eventualità di riscrivere il piano al 2026 e anticipare il dividendo promesso sull’utile 2025, “per eventuali revisioni del piano aspettiamo maggior visibilità sulle prospettive macro, tassi e volatilità dei mercati.

E intanto puntiamo ad anticipare il ritorno del dividendo sull’utile 2024″.

Quanto ai 4,1 miliardi di euro di contenziosi che potrebbero pesare su una fusione, “la questione è propriamente indirizzata e il bilancio Mps è attrezzato per fronteggiare anche quei rischi.

Non credo che ciò debba rappresentare un limite alla strategia di sviluppo futuro, in qualunque direzione”, ha concluso Lovaglio.

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