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[Lo scenario] Le imprese italiane soffocate dai debiti. Servono misure urgenti per evitare il default. Ecco quali

Non c’è tregua per le imprese. Dopo la pandemia, ora le aziende si trovano a fronteggiare non solo le difficoltà legate alla crisi nelle catene di fornitura e i rincari dell’energia, ma anche quelle connesse allo scoppio del conflitto russo-ucraino. Il sistema produttivo italiano non ha problemi di liquidità, ma deve misurarsi con un aumento dell’indebitamento diventato in alcuni casi insostenibile.

Moratorie e allungamenti del debito

In un’economia di guerra, a situazioni estreme bisogna rispondere con misure eccezionali.  Per aiutare le imprese ad affrontare questa nuova tempesta serve un mix di interventi a livello europeo e di singoli Stati in grado di sostenere la crescita. Bisogna garantire alle banche una maggiore flessibilità nella gestione dei crediti e alle imprese la possibilità di allungare i debiti per almeno 15-20 anni. È poi necessario ripristinare moratorie e garanzie statali sui prestiti almeno fino alla fine del 2022. Sono misure urgenti che servono a tutelare la competitività del sistema industriale italiano. È la richiesta arrivata dall’Abi e da Confindustria.

In questo momento «il problema delle imprese non è la liquidità ma la sostenibilità del debito», ha affermato il direttore generali dell’Abi, Giovanni Sabatini, spiegando che gli effetti della crisi della guerra russo-ucraina sono «profondamente diversi» da quelli derivanti dalla pandemia. Oggi l’incremento dei costi per l’energia, delle materie prime e le difficoltà di approvvigionamento determinano «un incremento dei costi complessivi di produzione e impattano sulla redditività operativa delle imprese rendendo più difficile la copertura degli oneri finanziari». Molte imprese si sono già «pesantemente indebitate» nel corso della pandemia e l’acquisizione di altro debito per far fronte alla nuova crisi «potrebbe minarne la sostenibilità economico-finanziaria».

Spalmante vecchio e nuovo debito

È quindi «necessario creare le condizioni per spalmare il vecchio e il nuovo debito su un arco di tempo molto lungo, con garanzie pubbliche modulate rispetto a questa esigenza, che vadano ben oltre i 6 anni canonici. Occorre aiutare le imprese a rendere questi debiti più sostenibili», ha proseguito Sabatini facendo presente come sia necessaria una flessibilità «temporanea e selettiva» per aiutare «le imprese non decotte a reggere l’impatto della crisi e a tornare in bonis una volta finita l’emergenza».

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia segna un vero e proprio «spartiacque nella storia dell’Europa. C’è un prima e un dopo. Nel dopo c’è una grande fase di incertezza. Pensavamo di avere alle spalle la crisi generata dalla pandemia», e invece la guerra «cambia lo scenario: oggi tutte le previsioni sulla crescita sono viste pesantemente al ribasso».

Crediti deteriorati

Il conflitto russo-ucraino potrebbe determinare un aumento dei crediti deteriorati anche se su livelli «molto molto lontani» dai picchi raggiunti durante la crisi del debito sovrano, nel 2011-12. Per gestire i nuovi flussi di Npe sarà necessario rilanciare il mercato delle cartolarizzazioni. Il recente outlook Abi-Cerved evidenziava che i flussi di nuovi crediti deteriorati nel 2021 continuava a essere ai minimi storici, 2,1%, con un’aspettativa di una moderata crescita del flusso di nuovi crediti deteriorati (3,8%) nel 2022 da collegare con la fine delle misure di emergenza, e di un successivo calo nell’anno successivo (3,3%), attestandosi su livelli di poco superiori alla situazione pre-Covid (2,9% nel 2019); dati, comunque, molto distanti rispetto ai picchi del 2012 (7,5%).

Allentare le tensioni

All’atteso aumento per il 2022 di crediti non perfoming derivanti dalle difficoltà delle imprese causate dalla pandemia – che si sarebbe comunque dovuto attestare nel 2023 su livelli non preoccupanti, poco superiori al periodo pre-Covid – con la crisi russo-ucraina è probabile che queste stime debbano essere riviste in senso negativo, considerando il possibile aggravamento della situazione economico-finanziaria delle imprese per effetto diretto della crisi russo ucraina o, indiretto, come conseguenza della calo di fiducia e, quindi, degli investimenti e dei consumi privati. Maggiore flessibilità sulla gestione dei crediti e la possibilità di allungare la vita del debito delle imprese è stata chiesta anche da Confindustria.

È necessario allentare le tensioni finanziarie delle imprese, già fortemente indebitate per via della crisi Covid. Per questo serve un quadro di regole a livello europeo che favorisca rinegoziazione e allungamento delle esposizioni in essere e che consenta la realizzazione di operazioni di moratoria, che durante la crisi Covid sono state fondamentali per la tenuta delle Pmi», ha detto Emanuele Orsini, vicepresidente degli industriali, sottolineando come sia «necessaria un’azione di sensibilizzazione delle autorità bancarie europee, affinché siano modificate, almeno temporaneamente e per un congruo periodo di tempo, le regole sul default e sulla riclassificazione delle esposizioni bancarie soggette a rinegoziazione e sospensione e siano ripristinate le flessibilità delle regole bancarie europee consentite dall’Eba, nelle fasi iniziali della pandemia, per il trattamento delle banche delle esposizioni soggette a moratoria».

Potenziare le gare pubbliche

Secondo Viale dell’Astronomia, «occorre un nuovo potenziamento delle garanzie pubbliche almeno per tutto il 2022, misure che sono state determinanti per la tenuta del sistema produttivo come il Fondo di garanzia per le Pmi e le garanzie Sace». Qualcosa è stato già fatto nelle ultime settimane con il Dl Energia e Dl Ucraina, «ma non basta».

Il ruolo del Fondo di garanzia per le Pmi – utilizzato per quasi 240 miliardi con quasi 2,7 milioni di operazioni – dovrebbe essere «nuovamente potenziato almeno per tutto il 2022, prevedendo interventi quali gratuità di accesso al Fondo; innalzamento dell’importo massimo garantito da 5 a 10 milioni; copertura di operazioni di rinegoziazione di finanziamenti in essere non già garantiti; estensione della copertura della garanzia alle Mid cap; mantenimento delle percentuali di copertura ai massimi livelli consentiti dal nuovo quadro temporaneo sugli aiuti di recente varato dalla Commissione».

Scadenze e condizioni agevolate

Inoltre, ha aggiunto, le garanzie Sace dovrebbero essere «rinnovate a condizioni agevolate per le grandi imprese, come avvenuto per la crisi Covid, oltre 32 miliardi con circa 4.400 operazioni. È necessario che la Commissione Ue consenta la concessione di garanzie per nuovi finanziamenti bancari fino a 15/20 anni e non più sei anni come previsto nel Quadro temporaneo di aiuti (temporary framework) al fine di favorire il riequilibrio della situazione finanziaria delle imprese appesantita dal ricorso massivo a prestiti emergenziali».

Un allungamento delle scadenze deve essere consentito anche per i finanziamenti Covid già in essere. Si tratta di «un intervento necessario per la tenuta della competitività dell’Italia in Europa». Questo allungamento sarebbe «possibile anche al di fuori delle regole sugli aiuti di Stato, ma per questo occorre che al Fondo di Garanzia e a Sace sia consentito concedere garanzie a condizioni di mercato. Per il Fondo di Garanzia serve una norma. Per Sace, invece, è già previsto, ma manca il decreto attuativo del Mef di concerto con Maeci e Mise, ha proseguito Orsini sollecitandone la «tempestiva emanazione. Banche e imprese sono in attesa da troppo tempo».

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