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[Lo scenario] Ecco perché la pace è sempre più lontana

Raggiungere un negoziato di pace tra Russia e Ucraina si fa ogni giorno più difficile. La strada è «impervia, stretta e lunga». Percorrerla richiederà un diverso atteggiamento dei Paesi Nato, che in questi mesi «hanno oltraggiato le regole costitutive dell’Alleanza: alcuni sono stati acquiescenti, altri complici. L’Italia dovrebbe chiedere una consultazione, che non c’è mai stata, per decidere le prossime mosse, anche insieme al presidente ucraino Volodymyr Zelensky». Così il generale Leonardo Tricarico, già capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, consigliere militare di tre presidenti del Consiglio e presidente della Fondazione Icsa.

Tra le novità di giornata si segnala la disponibilità russa ad un incontro tra Vladimir Putin ed il presidente Usa Joe Biden in occasione del G20 di novembre in Indonesia. «Ma bisogna evitare» puntualizza Tricarico «che Biden e Putin facciano un accordo sulla pelle degli altri come successe a Doha nel 2020, quando gli americani negoziarono con i talebani in solitudine, senza coinvolgere alleati e comunità internazionale. E poi sappiamo come è andata a finire in Afghanistan». Il multilateralismo è il grande assente nella crisi ucraina, a parere del generale e la Nato, in particolare, si è distinta «per essere stata utilizzata solo come cassa di risonanza di una visione unica».

L’articolo 4 del Trattato rileva l’ex capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica, «prevede che, anche se richiesto da un solo membro, si può indire una consultazione degli Stati che fanno parte dell’Alleanza quando la sicurezza collettiva è messa a rischio. Io dico» aggiunge «che anche l’Italia, membro più che autorevole, avendo partecipato in prima linea a tante missioni, può chiedere una consultazione vera, ora più che mai necessaria: bisogna infatti trovare tutti insieme il bandolo della matassa, capire se le vie negoziali sono tutte esaurite o c’è ancora una strada».

Quanto alla situazione sul campo, prosegue Tricarico, «c’è stato il danneggiamento del ponte Kerch, un’infrastruttura strategica, cui è seguita una reazione scomposta da parte del Cremlino, che non mi pare abbia portato risultati significativi in termini di target centrati, ho visto tanti crateri in mezzo alle strade. Se l’obiettivo era spargere terrore, non ci riusciranno mai: sono ormai nove mesi che i russi non ce la fanno a fiaccare la determinazione del popolo ucraino. Probabile che con l’avvicendamento disposto al comando delle operazioni, Mosca abbia voluto dare il messaggio che le cose sono cambiate».

Gli Stati Uniti, intanto, hanno annunciato nuovi aiuti militari. «È giusto» secondo il generale «irrobustire i mezzi di difesa ucraini ed addestrare al meglio i militari. Eviterei però armamenti a proiezione offensiva come possono esserlo i missili terra-terra a lunga gittata Atacms». C’è, evidenzia, «una sensazione di baldanza da parte di Zelensky che potrebbe diventare non facilmente condizionabile se non si passa attraverso il confronto e la concertazione internazionale.

«In quella sede» sottolinea «dovrà essere individuata una soluzione alla quale il presidente ucraino dovrà adeguarsi. Il negoziato è difficile, Putin non farà marcia indietro rispetto all’annessione dei territori occupati, l’ha detto in modo solenne ed ultimativo. Dall’altro lato non si può iniziare a trattare senza partire dal concetto di preservare l’integrità territoriale ucraina. Per questo» conclude «dico che sarà un processo lungo e complicato, ma bisogna provarci». 

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