Analisi, scenari, inchieste, idee per costruire l'Italia del futuro

[L’intervista] Roberto Poli (professore Università di Trento): «Nei prossimi decenni il Sud Italia vivrà una desertificazione demografica e il Paese si dividerà in due diverse unità statali»

Studiando i dati presenti oggi nel nostro tessuto sociale e geopolitico, è possibile capire con metodo scientifico cosa potrebbe accadere nel futuro? E’ quello che abbiamo chiesto al professor Roberto Poli, Professore Ordinario presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale all’Università di Trento e Direttore del Master in Previsione Sociale nel quale conduce i corsi di Previsione Sociale e Laboratorio di Futuro. Le sue risposte sono state una sorpresa anche per noi.

Professor Poli, grazie per la sua disponibilità. È possibile cercare di capire in anticipo cosa accadrà nel futuro? Ci sono delle metodologie valide che garantiscono risultati soddisfacenti?

Non cosa accadrà, ma so cosa potrebbe accadere. Il futuro non è già scritto (se lo fosse, non ci sarebbe nulla da fare), ma può svilupparsi in molti modi nuovi, anche sorprendenti. Gli Studi di futuro (che la Commissione Europea chiama Strategic Foresight) hanno sviluppato una batteria di metodi per aiutare i decisori a vedere i futuri possibili in gestazione, in modo da aiutarli a prendere decisioni più consapevoli.

Per poter parlare di futuro dobbiamo analizzare i megatrend che già sono in corso oggi e che avranno uno sviluppo decisivo domani. Partiamo dalla popolazione mondiale, dal fatto che è previsto sia un aumento del numero di abitanti del pianeta sia un loro invecchiamento. Non tutte le aree geografiche registrano però trend omogenei in questo senso, giusto?

Non tutti i cambiamenti sono uguali: alcuni sono più importanti di altri. Il termine megatrend si riferisce a questi cambiamenti più rilevanti. Tipicamente si tratta di cambiamenti che sono in corso da molti decenni e che promettono di durare ancora a lungo. Con loro dovremo fare i conti, che ci piaccia o meno. Vi rientrano ad esempio i cambiamenti demografici, l’urbanizzazione, la necessità di avere sempre più energia, la crisi climatica. Rispetto alla demografia, l’ONU ci dice che a livello globale passeremo dagli attuali 7,8 miliardi di persone a circa 11 miliardi (proiezione centrale). Più di tre miliardi in circa ottanta anni!

La situazione diventa ancora più significativa non appena si realizza che la quasi totalità di questo aumento è a carico dell’Africa. Credo si tratti di una situazione che converrebbe discutere molto apertamente. Quanto all’aumento dell’aspettativa di vita, si tratta di un fenomeno globale in cui l’Italia si trova sfortunatamente in testa (assieme a Giappone e Germania). Per dare un’idea, in Italia nel 2050 una persona ogni sette avrà 80 o più anni (e 6 su 10 più di 60 anni). Anche in questo caso, non crede che sarebbe opportuno parlarne? Per evitare enormi tensioni sociali, sarà fondamentale imparare a invecchiare bene. Alcune idee le abbiamo, ma servono interlocutori.

A fianco della crescita della popolazione, abbiamo una crescita esponenziale del fabbisogno energetico e delle risorse alimentari, ma potrebbero non essercene a sufficienza. È corretta questa ricostruzione?

Come sappiamo le persone hanno alcuni “difetti”: hanno bisogno di cibo, vestiti, abitazioni, scuole. Ognuna di queste attività richiede energia.

Un altro megatrend che osserveremo nel futuro sarà la crescita enorme delle città, quindi un aumento dell’urbanizzazione cui fa da contraltare una forte desertificazione delle zone più periferiche. Siamo pronti per uno scenario del genere?

Il fenomeno è prevalentemente asiatico e africano. In Europa lo vedremo meno. L’unica megacity europea sarà probabilmente Parigi. Anche senza diventare megacities, la maggioranza delle città continuerà comunque a crescere. Il punto è che le città consumano più energia delle campagne, producono più inquinamento e rifiuti e nei contesti urbani l’invecchiamento della popolazione si fa sentire più acutamente. Le città saranno la frontiera dei prossimi decenni.

L’elemento che sicuramente avrà un impatto determinante nel futuro è quello dei cambiamenti climatici. Il conto alla rovescia verso il punto di non ritorno è già iniziato. Questo è il megatrend che ha la più forte interrelazione con gli altri e che potrebbe generare una loro accelerazione ulteriore?

Non so se sarà il megatrend più importante, ma certamente sarà uno dei megatrend dominanti. In realtà tutti i megatrend sono importanti e tutti si influenzano reciprocamente in molti modi complessi. Sarebbe bello poter dire: adesso affronto il problema del clima, poi, una volta risolto, penserò all’invecchiamento. Poi, risolto quel problema, mi occuperò di energia. La realtà non funziona così. Tutti i megatrend si sviluppano contemporaneamente e tutti si influenzano. Le strutture tradizionali di governo fanno fatica a gestire situazioni di questo tipo perché sono abituate a separare i problemi per sfere di influenza (economia, ambiente, scuola, ecc.), come se la realtà fosse una torta che si può fare a fette.

È possibile calare questi megatrend anche nella realtà italiana? Ci sono prospettive migliori o peggiori rispetto alle attese globali?

Un solo aspetto: la doppia desertificazione del Sud. La crisi climatica impatterà pesantemente sulle regioni del Sud e sulle isole con aumento delle temperature e progressiva mancanza di acqua. Come se non bastasse, i dati ci dicono che nei prossimi decenni l’Italia passerà da 60 milioni di abitanti a circa 51 milioni. Il punto è che i cittadini mancanti saranno quasi tutti in carico alle regioni del Sud e alle isole. Questa è la seconda desertificazione, quella demografica. Rimarranno solo gli anziani e i meno qualificati. Questi dati mi indicano un reale pericolo di frattura del Paese in due diverse unità statali, come è già successo in Cecoslovacchia.

È vero che, il fatto di poter analizzare gli sviluppi del futuro, non vuol dire automaticamente avere la ricetta per risolvere tutti i problemi, ma dovendo darsi delle priorità, quali sono i tre fronti su cui lei interverrebbe subito?

Un fronte di intervento l’ho menzionato nella precedente risposta: la doppia desertificazione del Sud solleva problemi che mi sembrerebbe opportuno prendere in considerazione. Un secondo fronte riguarda la Pubblica Amministrazione come volano di sviluppo. L’Italia è un paese di piccole se non piccolissime aziende. Se fossimo un paese di grandi aziende potremmo anche disinteressarci della PA: la grande azienda ha le risorse per trovare le risposte che le servono. Le piccole aziende no. Per loro è fondamentale avere una PA efficiente. Come terzo fronte suggerirei di investire negli asili.

A prima vista può sembrare una idea eccentrica. Si consideri però che gli psicologi ci dicono che la flessibilità delle persone nasce in età prescolare. Investire sugli asili vuol dire formare una popolazione di cittadini più flessibile. Considerando i cambiamenti in arrivo nel mercato del lavoro, avere persone più flessibili sarà un punto di vantaggio. Da questo punto di vista considero un dramma il fatto che i molti fondi per gli asili messi a disposizione dal PNRR non sono stati richiesti dai comuni. Evidentemente ci sono importanti ritardi culturali che dovremo imparare a gestire.

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