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[L’Intervista] Licia Cianfriglia (Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione): «La scuola deve fare un salto di qualità per passare dalla fase emergenziale a quella della ripresa»

Il percorso di approfondimento che l’Osservatorio Riparte l’Italia sta dedicando al delicato tema della Ripartenza della Scuola ospita oggi Licia Cianfriglia, dirigente scolastico, membro eletto del CSPI (Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione), Vicepresidente CIDA (Confederazione nazionale dei dirigenti e delle alte professionalità) con delega all’Area Istruzione e Formazione.

D. La Pandemia ha causato e sta causando in Italia e nel mondo un forte impoverimento educativo sotto diversi punti di vista, evidenziando i vari divari territoriali e mostrando i limiti qualitativi della proposta didattica e formativa. Quali soluzioni possono essere intraprese in tempi brevi e che elementi deve possedere una riforma del sistema educativo in Italia?

La pandemia ha avuto un effetto amplificatore delle problematiche già presenti nel nostro sistema dell’istruzione che, purtroppo, sono note da tempo. Le indagini internazionali e le rilevazioni nazionali negli anni ci hanno restituito un quadro poco incoraggiante sia riguardo alle competenze dei nostri studenti quindicenni al paragone dei coetanei degli altri paesi sia riguardo ai divari territoriali interni, resi evidenti dalle rilevazioni INVALSI nei diversi livelli di scuola. L’incertezza dell’ultimo anno e la difficoltà nel garantire la continuità educativa hanno acuito i problemi già noti, anche se non disponiamo di un quadro aggiornato della situazione avendo rinunciato lo scorso anno ad effettuare le prove INVALSI.

In tempi brevi, dunque, è necessaria una rilevazione che ci consenta di fare il punto della situazione per definire poi e rendere possibili soluzioni diversificate secondo le necessità che emergeranno nei vari contesti. Più in generale, poi, piuttosto che ipotizzare una riforma complessiva del sistema educativo, ritengo preferibile procedere con interventi mirati che aggrediscano e risolvano finalmente i problemi: l’edilizia scolastica inadeguata, gli ambienti di apprendimento obsoleti, il precariato del personale, la mancata valutazione della qualità della docenza,  l’assenza di un middle management necessario per la gestione di un’istituzione complessa quale è la scuola, l’assenza di una vera cultura del risultato anche per la mancanza di leve gestionali adeguate a dirigere una scuola realmente autonoma.

D. Riflettendo sui vari protagonisti del mondo della scuola, iniziamo dai docenti. Questo profondo periodo di crisi ha evidenziato due aspetti fondamentali, la scarsa valorizzazione dei tanti docenti che si sono impegnati per mandare avanti l’anno scolastico pur in condizioni avverse e una formazione inefficace rispetto alle nuove sfide, anche tecnologiche e digitali, che la pandemia li ha costretti ad affrontare. Come risolvere tutto questo?

In ogni settore professionale e produttivo del Paese si sente oggi estremo bisogno di competenze e questo è tanto più vero nella scuola, che è il luogo dove le persone si formano e imparano ad apprendere per tutta la vita. Le modalità reclutamento dei docenti, la mancata regolarità dei concorsi, le frequenti immissioni ope legis dopo lunghi anni di precariato, l’assenza di selezione attitudinale, di formazione continua obbligatoria e di valutazione professionale, insieme al basso livello retributivo, hanno progressivamente diminuito la reputazione della professione docente, che troppo spesso è una seconda scelta per i migliori laureati. L’innovazione tecnologica, in presenza di un’età media piuttosto elevata e in mancanza di un supporto professionale continuo, ha lasciato indietro molti insegnanti sui quali ora si deve assolutamente investire con una formazione mirata e obbligatoria, sia metodologica che tecnologica.

Durante questo ultimo anno abbiamo visto un grande impegno e senso di responsabilità da parte di moltissimi docenti nel far fronte alla situazione, pur in carenza troppo spesso di strumentazioni e competenze adeguate. Ora è necessario uscire dall’emergenza con un piano strutturale che innovi in modo organico e stabile il processo didattico nelle scuole di ogni ordine e grado.

D. Per quanto riguarda i presidi, quanto è stato determinante il loro ruolo durante il periodo del lockdown e quanto lo è ancora adesso, rispetto alle ripartenze a singhiozzo e all’organizzazione sempre più complicata delle lezioni in presenza e a distanza? Cosa si può fare di concreto per supportare la loro azione quotidiana?

La figura dirigenziale è determinante nella gestione della complessità enormemente accresciuta dalla crisi pandemica. Ai dirigenti scolastici è stato chiesto fin dalle prime ore di crisi, ormai un anno fa, di attuare in modo tempestivo decisioni assunte con poco anticipo e non sempre comunicate con la necessaria chiarezza e coerenza. Organizzare e riorganizzare il servizio secondo parametri spazio-temporali sempre diversi, spesso con scarso personale a disposizione, introvabile sia per l’aumentare dei contagi che per il caos generato dal malfunzionamento delle nuove graduatorie informatizzate per l’individuazione dei supplenti.

Si è trattato, ed è ancora così, di una sfida senza precedenti, da affrontare in solitudine assumendosene l’intera responsabilità, in mancanza dell’adeguato armamentario organizzativo e gestionale che un dirigente dovrebbe possedere, in termini di supporto legale e tecnico. Oltre a ciò, è mancata in molti casi la collaborazione di quei soggetti esterni alla scuola che avrebbero dovuto consentire le condizioni di sicurezza al contorno, senza le quali ogni impegno profuso dalla dirigenza e dall’intero personale scolastico rischia di essere vanificato: mi riferisco ad un trasporto pubblico locale potenziato per il necessario distanziamento e al sistema di tracciamento sanitario che dovrebbe consentire il rapido isolamento dei sospetti di contagio.

D. In maniera molto forte si è sentita in questo periodo la necessità di implementare una politica di diritto allo studio che dia a tutti le stesse possibilità superando le diseguaglianze esistenti, sia sul versante della frequenza a scuola (la legge di parità del 2000 non è mai stata attuata), sia per la disabilità, sia per il recupero delle difficoltà, sia per la valorizzazione del merito e la cura dei talenti. È giunto forse il momento di pensare ad una skill strategy di livello europeo?

Pari opportunità, valorizzazione del merito, cura dei talenti sono tutti obiettivi che rientrano all’interno del Goal 4 dell’Agenda 2030 dell’ONU che definisce la sfida globale dei sistemi educativi: fornire ai cittadini un’educazione di qualità, equa e inclusiva e opportunità di apprendimento per tutti, uno dei 17 obiettivi da perseguire entro il 2030 a salvaguardia della convivenza e dello sviluppo sostenibile. L’Europa, e con essa il nostro Paese, ha già assunto questo impegno che ora è ancora più gravoso a causa della crisi che stiamo vivendo. Quello che serve è delineare una strategia che ci consenta di utilizzare al meglio i fondi che saranno resi disponibili nell’ambito del Next Generation EU per avviare trasformazioni strutturali che rendano effettivo il diritto all’istruzione di qualità per tutti.

D. Rispetto al ruolo civico e sociale della scuola, quali iniziative sono necessarie per connettere ancora di più ogni singola scuola e la società civile?

Il quadro normativo che regola l’autonomia scolastica già prevede l’azione sussidiaria dei soggetti del territorio, quello che serve quindi è dare piena attuazione all’autonomia con strumenti adeguati così da consentire alle singole scuole scelte caratterizzate da ampia flessibilità, ponderate sulle specificità del contesto e co-costruite in sinergia con i soggetti della società civile disponibili a contribuire alla crescita del capitale umano delle giovani generazioni. Un ampio ventaglio di queste iniziative può collocarsi all’interno delle attività relative ai Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento (PCTO) nella secondaria di secondo grado e nell’ambito del nuovo insegnamento trasversale dell’educazione civica che riguarda i curricoli delle scuole di ogni ordine e grado.

D. Funzione fondamentale dell’istruzione è il collegamento tra la scuola e il mondo produttivo. Come è possibile intervenire per potenziare la filiera dell’istruzione tecnica e professionale, dal sistema secondario a quello terziario accademico (lauree professionalizzanti) e non accademico (Fondazioni ITS)?

Anche per il prossimo anno scolastico abbiamo assistito di recente ad un aumento costante delle iscrizioni ai licei con la conseguente progressiva diminuzione delle iscrizioni agli istituti tecnici e professionali, in controtendenza rispetto alle esigenze di competenze tecnico professionali espresse dal mondo produttivo. In questo momento così delicato per il mondo del lavoro che, già in rapida trasformazione per l’evoluzione tecnologica sta subendo l’ulteriore forte impatto della crisi pandemica, intervenire con efficacia sull’orientamento diventa questione urgente.

Bisogna aiutare i ragazzi a riconoscere le proprie inclinazioni e i propri talenti e a compiere scelte oculate, anche fornendo loro occasioni di relazione con mondo dell’alta formazione tecnica e con quello dell’impresa in forma di stage, alternanza scuola lavoro e apprendistato. Su queste misure va fatto a mio avviso un forte investimento per favorire la collaborazione tra scuola e mondo produttivo e per formare i docenti a co-progettare con i soggetti ospitanti percorsi formativi realmente efficaci.

D. Altro tema significativo si è dimostrato essere quello dell’edilizia scolastica. Cosa è necessario fare per sviluppare un nuovo concetto di edilizia scolastica, che non sia più un “rattoppo” di quanto già esiste? È possibile dare spazio in questo ambito alle donazioni dei privati?

Quello dell’edilizia scolastica è un grosso problema, sia dal punto di vista della sicurezza ed incolumità di tutto il personale e degli studenti sia per la necessità di adeguare gli spazi a nuove modalità didattiche facendone apprendimento moderni. Le risorse necessarie per riqualificare l’esistente laddove possibile sono ingenti ed anche per costruire nuovi edifici, ma ciò che serve è anche accelerare il processo di attuazione delle misure intraprese e da intraprendere attraverso la semplificazione della normativa e delle procedure amministrative conseguenti. Serve un piano con obiettivi misurabili in termini di qualità e di tempi di realizzazione e un meccanismo di monitoraggio e valutazione che renda conto socialmente dei progressi ottenuti. In questo ambito va considerata anche, naturalmente, la sinergia virtuosa pubblico-privato.

D. Cosa chiedere infine alle istituzioni, sia centrali che locali, per aiutare il mondo della scuola, soprattutto di fronte ad un dato come quello dell’abbandono scolastico che è in continua ascesa?

L’abbandono scolastico e la dispersione sono segnali allarmanti che non senza difficoltà negli ultimi anni si è cercato di tenere sotto controllo e che la pandemia sta purtroppo acuendo. La soluzione possibile è quella di organizzare un servizio dell’istruzione che sia in grado di dare risposte differenziate secondo le necessità personalizzando i percorsi, fornendo gli adeguati supporti strumentali e formativi anche integrativi per garantire l’inclusione e il successo a tutti i ragazzi, quale che sia il loro contesto economico e sociale e i loro bisogni di apprendimento. Nel disegno flessibile di tali modalità di erogazione del servizio scolastico gli Enti Locali, opportunamente finanziati e supportati anche con l’inserimento di specifiche competenze manageriali, possono dare un utile e significativo contributo contestualizzato, anche nell’ambito o in aggiunta a misure più generali definite a livello nazionale.

D. Come Confederazione dei dirigenti pubblici e privati, quali obiettivi vi siete posti in questo periodo così particolare per il nostro Paese? Su cosa ritenete sia opportuno puntare per fissare le basi per una ripartenza sostenibile per il futuro dell’Italia?

CIDA ha già espresso al Presidente Draghi, così come aveva fatto col Governo precedente, la volontà di mettere a disposizione del decisore politico le competenze dei propri manager e professionisti, per contribuire a dare concretezza e spessore al PNRR che dovremo presentare ai vertici dell’Unione Europea e realizzare nei prossimi anni. A nostro parere serve un salto di qualità per passare dalla fase emergenziale a quella della ripresa economica e occupazionale, mantenendo un dialogo costante e continuo con le parti sociali, affinché il Paese trovi la necessaria coesione, sfruttando l’opportunità offerta dalle risorse messe in campo dall’Unione europea e affrontando i problemi strutturali che lo frenano. Occorre programmare e gestire la graduale riduzione degli interventi generalizzati di ristoro pubblico all’economia, per mettere a punto un più selezionato sistema di sostegno a quei settori e a quelle aziende in grado di trainare l’economia e l’occupazione.

CIDA ritiene assolutamente prioritarie le decisioni riguardanti la governance del Piano e le modalità di coinvolgimento delle competenze manageriali e professionali del Paese. Suggerisce, poi, di concentrare gli interventi pubblici nei settori più propri dell’ambito statale: sanità, istruzione, pubbliche amministrazioni, politiche attive del lavoro e di utilizzare risorse pubbliche per indirizzare gli investimenti e gli interventi privati negli altri settori, evitando eccessi di dirigismo e di presenza delle società a controllo pubblico. Per ciò che riguarda l’ambito del nostro ragionamento attuale, a parere di CIDA è fondamentale incrementare le risorse destinate allo sviluppo delle competenze, a partire dal sistema dell’istruzione e formazione e poi lungo tutto l’arco della vita delle persone riformando profondamente le politiche del lavoro, dando priorità alle politiche attive.

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