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La siccità è un flagello anche per la pesca, dalle vongole alle alici | Lo scenario

La siccità è un flagello non solo per gli agricoltori ma anche per i pescatori. Le vongole, le  ostriche e le cozze nel Delta del Po soffrono per la mancanza di  acqua salmastre che ne inibiscono la crescita. E se a Goro i pescatori registrano già una microproliferazione algale fuori  stagione, anche le orate di allevamento delle zone lagunari non  vivono bene questa prolungata assenza di piogge. E’ Fedagripesca-Confcooperative a mappare le principali criticità legate alla mancanza delle precipitazioni.

A soffrire del Po in secca sono anche i pesci; l’Adriatico, infatti, è un bacino piccolo il cui  ecosistema risente enormemente delle variazioni di apporto nutrienti e acqua dolce dal grande fiume. A risentire di più sono le alici e le sarde: essendoci meno nutrienti il rischio è di portarne sulle tavole pesci di taglie più piccole.    

Un clima che cambia e che pesa sempre di più sulle produzioni  ittiche in tutti i sensi. “Far fronte ai cambiamenti climatici che spesso causano calamità naturali – spiega Fedagripesca – può pesare sui bilanci di un’impresa ittica anche per oltre il 50%.  E negli ultimi 10 anni abbiamo visto aumentare i danni del 40%, con punte del 100% per quelle realtà che hanno subito disastri  immani per questi fenomeni. Al momento l’unico intervento resta  quello a posteriori, post calamità, ma questo richiede troppo tempo”.

Ma a rassicurare la categoria è uno studio pubblicato  sulla rivista Global Change Biology. Un team di scienziati  analizzando l’evoluzione di 70 mila fossili ha scoperto che i  molluschi sono incredibilmente resistenti ai principali  cambiamenti climatici degli ultimi 130 mila anni. Cozze e  vongole, quindi potrebbero sopravviveranno anche al  riscaldamento globale di questi anni, ma intanto come fa sapere  Fedagripesca occorre fare i conti con il caldo estivo del 2024.  

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