La sconfitta di Marine Le Pen al secondo turno delle elezioni francesi, scrive Paolo Mieli sul Corriere della Sera, va ricondotta alla volontà depositata nella memoria della Francia intera di non ritrovarsi nella situazione in cui visse tra gli anni Trenta e la prima metà degli anni Quaranta, quella di uno scontro irriducibile e oltremodo destabilizzante tra destra e sinistra radicale. Scontro che rese assai fragile e di breve durata anche la prima esperienza di Fronte popolare, quella di Leon Blum nel 1936. E che si concluse con la Francia sconfitta, assoggettata e umiliata dalla Germania nazista.
La lezione che i francesi trassero da questa tragica vicenda è da considerarsi definitiva. In aggiunta, per ben due volte, ai tempi della Resistenza e poi in quelli della guerra d’Algeria, il generale De Gaulle ha inculcato nei suoi connazionali il «dovere specifico» di tenere a distanza la destra estrema. Non c’era bisogno di patti con i reduci di Vichy — fu il suo insegnamento nel secondo dopoguerra — per sconfiggere le sinistre (la stessa cosa che, d’altronde, in Italia sostenne Alcide De Gasperi, anche a costo di un duro scontro con Pio XII). Per di più i personaggi della destra ultras con cui il mondo gollista avrebbe dovuto eventualmente scendere a patti, sosteneva il generale, si rivelavano all’occorrenza rissosi, violenti e soprattutto disponibili a farsi reclutare fuori dai confini della Francia.
Il mondo conservatore francese e in particolare quello gollista hanno sempre individuato in ciò che si muoveva alla loro destra qualcosa di infido. Intravedevano in esso alcuni tratti che li accomunavano alla galassia della gauche più estrema ereditata adesso da Mélenchon. Una storia lunga e complicata che da decenni ha reso pressoché impraticabili, a destra, le desistenze con il mondo lepenista. Quantomeno fino al travagliato patto con Eric Ciotti.
Mentre le stesse pratiche sono state tutto sommato agevoli tra destra, riformisti moderati e sinistre. Anche le più incandescenti. Non importa che Marine Le Pen abbia compiuto passi anche importanti verso il centro, attenuato l’iniziale idiosincrasia nei confronti dell’Europa, rotto con suo padre, reclutato giovani non compromessi con il passato, partecipato a cortei contro l’antisemitismo. O quantomeno non è sufficiente. Basta una strizzata d’occhio a Putin e siamo daccapo. La destra francese è ancora radioattiva.