Analisi, scenari, inchieste, idee per costruire l'Italia del futuro

[Il retroscena] L’ostilità contro Draghi ha spinto Mattarella a cambiare idea ed evitare il caos

Una forte preoccupazione, condivisa con Sergio Mattarella.

Poi il sollievo e la determinazione a rendere l’azione del governo ancor più incisiva. Mario Draghi si prepara così a voltare pagina, dopo le giornate tese e i mesi un po’ sospesi che hanno preceduto il voto per il Quirinale, mesi segnati da qualche “indulgenza ingiustificata”, ammette chi gli è vicino, alle richieste dei partiti.

Non sarà facile anche perché, come ricorda un irritato Giancarlo Giorgetti, il 2022 è un anno pieno di appuntamenti elettorali, fino alla campagna per le politiche 2023. Tra le macerie delle trattative per il Colle tra i ministri già rimbalza la parola rimpasto, come minaccia o spauracchio. Giorgetti ipotizza la sua uscita dal governo, invoca un cambio di metodo per andare avanti.

Ma a Palazzo Chigi assicurano che Draghi non si fermerà a cambiare squadra.

Il premier riprenderà in mano l’agenda a partire da due riunioni del Consiglio in settimana. Senza provare a sostituire ministri ma chiedendo a qualcuno di loro – tecnico e politico – di fare di più.

La partita del Quirinale riporta indietro le lancette a un anno fa, quando nacque il governo “dei due presidenti”. Non è l’esito per cui si lavorava, non il finale desiderato. Ma quando a metà mattina, a margine della cerimonia del giuramento di Filippo Patroni Griffi per la Consulta, Draghi esprime l’auspicio che Mattarella resti, “per il bene e la stabilità del Paese”, in entrambi c’è la consapevolezza che il “bis” sia la più alta garanzia per il governo.

Tanto che un draghiano doc azzarda: ha accettato per tutelare il premier, non per salvare i partiti.
Di sicuro dopo l’atto di ostilità di esplicità della non elezione di Draghi al Colle sarebbe stato – osserva la stessa fonte – quasi impossibile per il premier proseguire a Palazzo Chigi.

Avrebbe potuto farlo probabilmente, spiega a sottolineare la stima del premier per il capo del Dis, soltanto con una figura come quella di Elisabetta Belloni.

Ieri all’ora di pranzo, dopo aver acquisito la disponibilità di Mattarella e aver sentito uno ad uno i leader della sua maggioranza per blindare l’intesa (esplicita sul Colle, implicita sul governo), il presidente del Consiglio raggiunge la sua Città della Pieve e si concede un pranzo con la moglie, dopo giornate molto complicate.

Tornerà lunedì a Palazzo Chigi, per riaprire il dossier Covid.

Sapendo di avere la copertura forte di Mattarella, nelle cui mani rassegnerà – come da prassi – le dimissioni di cortesia.

E con la convinzione granitica di non avere alcuna intenzione di correre alle elezioni del 2023.

Ma anche nella consapevolezza delle tensioni che attraversano i partiti della sua maggioranza.

Giancarlo Giorgetti, che più di tutti credeva che la Lega dovesse portare Draghi al Quirinale (con Salvini si era anche detto disposto a lasciare il ministero se fosse stato utile), si sfoga – non è la prima volta – mettendo in dubbio la sua stessa permanenza al governo.

Da Palazzo Chigi lo invitano a non farlo: è uno dei ministri più bravi. Lui frena il rimpasto ma rilancia: “Per affrontare questa nuova fase serve una messa a punto, un nuovo metodo di lavoro per non trasformare quest’anno in una lunghissima, dannosa campagna elettorale”.

Parla a Salvini, dicono gli alleati: la Lega dovrà affrontare una resa dei conti interna che rischia di avere ricadute sul governo (di uscirne per ora non se ne parla, poi chissà). “Come si può non essere d’accordo” con il suo auspicio di farla finita con la conflittualità, dice Andrea Orlando. Ma il ministro dello Sviluppo economico in transatlantico spiega che il suo è uno sfogo, per gli attacchi subiti e le fughe in avanti di colleghi e sottosegretari, e un messaggio urbi et orbi.

Se Enrico Letta apre subito il dossier della legge elettorale, la conflittualità rischia di aumentare. Da un lato chi, come Pd, Fi, Iv, vuole cambiarla magari con un proporzionale. Dall’altro Fdi, alleato della Lega, pronto alle barricate per tenere il maggioritario. Oltre questi conflitti proverà ad andare Draghi. E anche oltre le tensioni di queste settimane. C’è chi lo definisce ora più debole, ma i più scommettono che governerà con più autonomia, a partire da dossier come le concessioni balneari e le pensioni, mentre rilancia il capitolo europeo del patto di stabilità.

“Ho quasi paura ad andare in Consiglio dei ministri”, dice un ministro che ha lavorato per sbarrare al premier la via del Quirinale. E un collega teme che sia Mattarella, dopo lo spettacolo di queste settimane, a spingere il rimpasto. Ma è difficile trovare un altro equilibrio tra i partiti, sarebbe più facile sostituire qualche tecnico. Tutto fermo, per ora.

SCARICA IL PDF DELL'ARTICOLO

[bws_pdfprint display=’pdf’]

Iscriviti alla Newsletter

Ricevi gli ultimi articoli di Riparte l’Italia via email. Puoi cancellarti in qualsiasi momento.

Questo sito utilizza i cookie per migliorare l'esperienza utente.