Sul versante del credito – e del conseguente indebitamento – nell’ultimo anno abbiamo assistito: ad una diminuzione del credito verso le imprese di 23 miliardi di euro; il tasso medio pagato per i prestiti è passato dall’1,4% al 4,52% con punte che superano il 5%; le sofferenze bancarie sono raddoppiate passando dal 2% del 2021 al 3,8 del 2023; si rafforza il timore che la riduzione del credito alle imprese, o comunque un accesso più difficoltoso, possa influire negativamente sul processo di investimento e quindi sulle prospettive di crescita del Pil.
“L’innalzamento repentino dei tassi d’interesse portato avanti dalla Bce per contrastare l’inflazione deve ora essere allentato per evitare che porti alla recessione”, chiedono le imprese italiane.
Invece accadrà il contrario.
La Bce ancora e più sulla strada dei rialzi dei tassi, anche nella prossima riunione di luglio, per domare l’inflazione.
Una corsa dei prezzi che ha cambiato natura ed è alimentata dalle aziende e i lavoratori che cercano di trasmettersi i costi a vicenda fra aumenti dei listini e richieste salariali.
Una rotta da ‘falco’ che non piace al governo italiano e ai leader dei partiti della maggioranza, da Salvini a Tajani ad Urso, che vedono a rischio la crescita del paese e che hanno usato toni duri verso Francoforte.
Del resto l’ultimo indicatore della fiducia registra in Italia un calo sia per il settore manifatturiero sia per quello del commercio al dettaglio. Al forum organizzato a Sintra la presidente Christine Lagarde rincara oltretutto la dose vanificando le speranze di chi ipotizza una pausa autunnale dopo che i tassi sono saliti al 4%. Nel suo discorso alla platea di banchieri ed esponenti del comparto finanziario, intitolato significativamente ‘spezzare la persistenza dell’inflazione”, annuncia come sia “improbabile che nel prossimo futuro la banca centrale sia in grado di dichiarare con assoluta certezza che il livello massimo dei tassi sia stato raggiunto”.
Ma non è tutto: la presidente Bce ha sottolineato come “il nostro lavoro non è ancora finito” e “l’impatto complessivo degli incrementi dei tassi decisi a partire dallo scorso luglio, pari a 400 punti base, non si è ancora esplicato appieno”.
Quello che la Bce vede infatti è una persistenza dell’aumento dei prezzi non dovuta più alla grande massa di liquidità delle banche centrali e allo shock energetico.
E si sta esaurendo anche l’effetto dei ritocchi verso l’alto dei prezzi da parte delle imprese che “hanno contribuito per circa due terzi all’inflazione interna”.
Quello che preoccupa ora Francoforte sono le richieste salariali dei lavoratori “per compensare le perdite subite”. Richieste inevitabili ma che si scontrano con una ” minore crescita della produttività rispetto alle proiezioni precedenti, determinando un incremento del costo del lavoro per unità di prodotto”.
Inoltre “l’area dell’euro non vive una fase sostenuta di aumento dei tassi dalla metà degli anni 2000 e non ha mai assistito a rialzi così rapidi. Per questo ci si interroga sul ritmo e sull’intensità della trasmissione della politica monetaria alle imprese e alle famiglie, rispettivamente mediante la spesa sensibile agli interessi e il pagamento dei mutui ipotecari”.
Per questo, scandisce la Lagarde, “dinanzi a un processo inflazionistico più persistente occorre una politica monetaria più persistente”.
Uno dei mantra di Francoforte è che l’inflazione sia la più ingiusta delle tasse che colpisce peraltro i cittadini più deboli finanziariamente per i quali l’aumento dei prezzi pesa di più sul proprio bilancio rispetto ai ceti più ricchi.
E tuttavia le forze della maggioranza hanno duramente criticato la Bce, inasprendo l’allarme espresso nei giorni scorsi da Confindustria, Abi e altre associazioni sull’effetto negativo per il pil derivante dall’aumento dei tassi.
Timori che citano il calo della produzione industriale, dei finanziamenti bancari, il rallentamento della Germania (nostro fondamentale partner industriale e commerciale) e il calo della fiducia delle imprese. Gli ultimi dati Istat registrano una flessione passando da 108,6 a 108,3 mentre resiste quella dei consumatori.
Il vicepremier e ministro degli esteri di Forza Italia Antonio Tajani ha così paventato il “rischio di recessione” mentre il ministro delle imprese e made in Italy Adolfo Urso ha definito quelle della Bce scelte “davvero poco comprensibili, fino ad oggi non hanno avuto efficacia”. E il vicepremier e ministro dei trasporti Matteo Salvini, in passato più volte critico contro la Bce e l’euro, afferma che “quella annunciata da Christine Lagarde è una scelta insensata e dannosa, anche perché l’inflazione è stata causata dai prezzi dell’energia”.
“La Lagarde ha un mutuo a tasso variabile? Sa di quanto stanno aumentando le rate?. “Chiederemo un incontro con il rappresentante italiano nel board della Bce (Fabio PANETTA, ora indicato per la carica di governatore di Banca d’Italia ndr) per discutere il problema e analizzare soluzioni” ha detto Salvini.