Replicare a Ravenna, e possibilmente superare, il progetto Ccs per la cattura e lo stoccaggio della co2 che Eni sta portando avanti su larga scala in Gran Bretagna, dove è riuscita persino a farselo riconoscere come business regolato, il che significa ricavi con ritorno garantito.
Qui, nella città destinata a ospitare il secondo rigassificatore galleggiante di Snam e candidata a polo del gas autarchico, sono già in corso le prove generali.
Eni e Snam, infatti, attraverso una jv paritetica, stanno sviluppando un progetto per catturare 25mila tonnellate di co2 dalla centrale Eni di Casalborsetti (Ravenna), per poi convogliarle verso la piattaforma di Porto Corsini Mare Ovest e iniettarle nell’omonimo giacimento a gas esaurito, nell’offshore ravennate.
L’avvio della fase uno è previsto nel 2024, mentre nel 2026 dovrebbe partire la seconda, con una capacità di iniezione di 4 milioni di tonnellate/anno.
Ma, appunto, sarebbe solo l’inizio.
“La capacità complessiva di stoccaggio dei giacimenti nell’Adriatico è di oltre 500 milioni di tonnellate di co2”, spiega a MF-Milano Finanza Salvatore Giammetti, responsabile di Carbon Capture, Utilizazion & Storage di Eni.
“Questo rende Ravenna uno dei più grandi hub di stoccaggio al mondo, con una capacità di iniezione che potrà essere incrementata fino a 16 milioni di tonnellate annue, per soddisfare le esigenze di decarbonizzazione di una platea molto ampia di emettitori”.
Secondo i due gruppi, c’è molta attenzione da parte degli industriali.
La Ccs contribuirebbe a preservare la competitività dei settori ‘hard to abate’ in Italia, quelli cioè che, a prescindere dalla fonte da cui si alimentano, generano comunque emissioni nella fase produttiva, come acciaierie (si pensi all’Ilva) e cementifici.
“Qui i giacimenti alla fine della vita”, prosegue Giammetti, “possono essere convertiti in tempi rapidi e in modo sicuro in siti di stoccaggio di co2, con l’opportunità inoltre di poter riutilizzare, per il trasporto e la reiniezione, una parte degli impianti e delle infrastrutture upstream esistenti.
Questo consente di sviluppare a Ravenna un progetto a costi competitivi, con un time to market inferiore ad altri che non hanno questa possibilità”.
Secondo Piero Ercoli, Executive Director Decarbonization Unit di Snam, “il progetto con Eni è molto importante e può essere di riferimento per le industrie ‘hard to abate’ di Italia ed Europa del Sud.
Occorrono, certo, anche altre condizioni”, precisa.
“Le infrastrutture per esempio, come quelle di trasporto alle quali in Snam lavoriamo per il gas ma anche con l’obiettivo di abilitare lo sviluppo di idrogeno e Ccs.
Un altro ruolo fondamentale, poi”, prosegue Ercoli, “è quello delle policy e delle regole.
La buona notizia è che ora queste ultime ci sono e possiamo quindi dare loro seguito, guardando anche a chi sta facendo bene in Europa e nel Regno Unito.
L’importante, come ripeto spesso, è adottare sempre una logica industriale, tanto per la Ccs quanto per l’idrogeno, a cui lavoriamo con le pipeline del progetto SoutH2 Corridor assieme ad altri operatori della rete e ad altri Paesi europei”.
I piani di Eni e Snam sono stati presentati alla 30ma edizione dell’Omc Med Energy Conference & Exhibition.
A presiederla, Monica Spada.
“La presenza di oltre 450 aziende da 23 Paesi e la partecipazione delle principali delegazioni istituzionali dell’area mediterranea, confermano Ravenna come principale hub di dibattito sull’energia del Mediterraneo, dove costruire soluzioni concrete e creare nuovi modelli di business che puntino alla transizione assicurando sicurezza energetica, competitività e sostenibilità”, commenta Spada parlando con MF-Milano Finanza.
“Siamo convinti che serva un approccio olistico e disporre di un mix tecnologico adattabile ad applicazioni ed esigenze diverse come la Ccs, processo tecnologico fondamentale per evitare in modo sicuro le emissioni dell’industria hard to abate, per le quali oggi non esistono soluzioni altrettanto efficaci ed efficienti”.