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[Il documento integrale] ISTAT: l’impatto del Covid sul Pil è stato meno acuto nel Mezzogiorno

REPORT-CONTI-TERRITORIALI_2020

L’impatto della crisi provocata dal Covid nel 2020 è stato minore al Sud ma il Mezzogiorno rimane comunque fanalino di coda per il reddito procapite. E’ quanto emerge dai dati dell’Istat sui conti territoriali. Nel 2020, il Pil in volume è diminuito del 9,2% nel Nord-est, del 9% nel Nord-ovest, dell’8,9% nel Centro e dell’8,6% nel Mezzogiorno. Il Nord-ovest mantiene il primo posto nella graduatoria del Pil pro-capite, con un valore in termini nominali di circa 34 mila euro, mentre nel Mezzogiorno il livello risulta appena superiore a 18 mila euro annui.

Nel 2020, il reddito disponibile pro-capite delle famiglie del Mezzogiorno (14,3 mila euro) si conferma il più basso del Paese, sebbene si riduca la distanza con quello del Centro-nord (21,1mila euro). Tra le diverse regioni la contrazione maggiore del pil si è verificata in Toscana,-9,8%, la minore in Friuli-Venezia Giulia -7,5%. La flessione del reddito delle famiglie sostenuto dalle prestazioni sociali ha registrato un calo dell’1,5%; a livello nazionale è del 2,9%.

In ogni caso con 34,1 mila euro nel 2020 (37 mila nel 2019) il Nord-ovest resta l’area geografica con il Pil per abitante più elevato (misurato in termini nominali). Seguono il Nord-est, con 33 mila euro (35,8 mila euro nel 2019) e il Centro, con 30,4 mila euro (32,9 mila euro l’anno precedente). Il Mezzogiorno si conferma ultimo con 18,3mila euro, ma riduce le distanze con il Centro-nord: la differenza infatti scende dai 15,8 mila euro per abitante del 2019 ai 14,4 mila del 2020. Fondamentale la voce del valore aggiunto generato dall’economia sommersa e illegale: nel Mezzogiorno nel 2019 era più del 18% a fronte del 12,6% a livello nazionale.

Per quanto riguarda l’occupazione, a livello nazionale, rileva l’Istat, l’input di lavoro complessivo, misurato in termini di numero di occupati, nel 2020 è diminuito del 2,1%. Il calo ha toccato in maniera piuttosto omogenea tutte le ripartizioni. Più nel dettaglio, la ripartizione che contribuisce maggiormente al calo occupazionale è il Mezzogiorno, dove il numero degli occupati è diminuito del 2,2%. Nelle rimanenti ripartizioni, il Nord-est e il Centro hanno subito cali leggermente inferiori alla media nazionale, pari rispettivamente all’1,9% e al 2%, mentre il Nord-ovest, con una contrazione degli occupati pari al 2,1%, risulta in linea col dato nazionale.

Nel Nord-est il calo relativamente meno marcato rispetto alle altre aree del paese è dovuto essenzialmente alle dinamiche dei settori delle costruzioni e dell’agricoltura, che hanno registrato una crescita del numero degli occupati pari rispettivamente allo 0,9% e allo 0,2%. Nel comparto industriale la riduzione dell’occupazione è stata meno accentuata rispetto al resto del paese (-0,4%). Nel Nord-ovest la diminuzione complessiva dell’input di lavoro è in parte attutita dalla crescita sensibilmente sopra la media nazionale registrata nei settori dell’agricoltura (+1,0%) e delle costruzioni (+1,9%) mentre l’Industria ha evidenziato la contrazione più accentuata rispetto alle altre aree del paese, con un calo dello 0,9%.

Al Centro la flessione dell’occupazione nel 2020, meno accentuata rispetto a quella registrata nelle altre ripartizioni, si è concentrata essenzialmente nel settore dei servizi (- 2,5%). L’agricoltura, al contrario, ha segnato un lieve aumento (+0,4%) mentre sono risultati sostanzialmente stabili i settori dell’Industria e delle costruzioni.

Anche nel Mezzogiorno la diminuzione occupazionale è legata soprattutto all’andamento del settore dei servizi, che in quest’area ha registrato il calo più consistente (-3%). Da segnalare inoltre l’andamento in controtendenza del settore dell’Agricoltura, che ha fatto registrare una flessione dello 0,5%, mentre le costruzioni hanno mostrato una crescita sensibilmente più vivace rispetto alle altre ripartizioni (+2,4%).

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