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In Toscana ha vinto Giani e non il Pd | L’analisi di Alessandro De Angelis

Alessandro De Angelis sulla Stampa analizza il voto in Toscana e spiega che ‘ha vinto Giani e non il Pd’: “Quando a ogni elezione il primo partito è sempre quello del ‘non voto’ – scrive l’editorialista – la campana suona per tutti. Il rintocco, già avvertito nella Marche e in Calabria, è particolarmente fragoroso in Toscana, terra di politica e radicate passioni civili. Va bene, la volta scorsa a tirare su la partecipazione c’era un ‘election day’ di cinque regioni e si votava anche per la riduzione del numero dei parlamentari. Ma la questione è assai più di fondo: dopo il minimo storico dei votanti alle politiche e poi alle Europee, la decrescita infelice della partecipazione tocca anche le regioni. E racconta di una progressiva separazione tra democrazia e popolo. C’è poco da fare: se ognuno parla solo alle curve, il resto dello stadio progressivamente si svuota. Stavolta nelle urne vince Eugenio Giani. Una boccata d’ossigeno per il centrosinistra in questo ‘midterm’ a tappe vissuto con troppa enfasi e iniziato male.

Diciamocelo: sarebbe stato clamoroso il contrario in una terra di solide tradizioni. Tuttavia – osserva – il tema politico è altro. E riguarda il rapporto tra il voto e la prospettiva del famoso campo largo, in chiave nazionale. Elly Schlein si è precipitata a mettere il cappello sul risultato. Ma il paradosso è che in Toscana, politicamente parlando, non ha vinto il campo largo. La verità è che lì la gente ha votato il buongoverno, fatto di pragmatismo e riformismo: infrastrutture, lavoro, Pil, welfare. Se possibile l’accordo voluto a tutti i costi coi Cinque Stelle, che prevede punti programmatici in contrasto con quel modello, è buono solo per complicare la vita del governo regionale. Ecco, questo è il senso della partita ‘negli’ schieramenti. Giorgia Meloni conferma, nelle regioni ostili, un serio problema di classe dirigente ma archivia con un cappotto la sfida a destra col generale del ‘mondo al contrario’.

Elly Schlein vince ma si ritrova squadernate tutte le contraddizioni di una linea testardamente perseguita. E ignora la ‘questione riformista’ che pur esiste nel centrosinistra. Con la complicità dei titolari del marchio – il ‘riformismo’ appunto – che hanno del tutto rinunciato a marcare un punto di vista autonomo. Anche quando vincono”.

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