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In passato c’era più futuro: la povertà e i limiti dell’uomo tecnologico

In passato quando raggiungevamo una nuova città c’era sempre un telefono pubblico, e con una moneta potevamo chiamare il nostro amico e raggiungere anche lui.

Oggi se hai il telefono scarico sei isolato.

In passato c’era più futuro, lo dice sempre un mio amico dj proiettato nella storia e nel futuro remoto. Un uomo tecnologico che però non riesce a capire come mai in passato ci fosse più futuro.

In passato c’era più futuro. I musicisti del passato avevano più orecchio, sperimentavano ogni giorno ma solo per ottenere un effetto più bello del precedente. Mai per creare cacofonie, dissonanze inutili, mal di pancia del pubblico. Sperimentavano per avere più pubblico, più applausi, più successo. Più guadagni.

In passato c’era più futuro: gli strumentisti suonavano meglio ma con strumenti molto peggiori di quelli di oggi. Le corde si spezzavano facilmente ma le note viaggiavano lontanissimo, in un mondo senza inquinamento acustico, dove il suono di un tuono era il rumore più forte che si potesse immaginare.

In passato c’era più memoria. Sembra un paradosso ma è proprio così. Oggi segnamo i numeri sul cellulare mentre una volta i numeri si ricordavano a memoria. Oggi raggiungiamo i luoghi con un gps, e non ricorderemo mai il percorso fatto. Ci accorgeremo di questo solo il giorno in cui dovremo fare lo stesso percorso senza gps. Solo il giorno in cui ci dovremo ricordare un numero senza cellulare.

In passato c’era più futuro: i pittori inventavano colori e li estraevano dalle piante, dai sassi. Durano ancora oggi è ci raccontano emozioni da più di 500 anni. I colori di oggi ci arrivano via internet e dopo qualche mese si sono sbiaditi. I pittori di una volta erano capaci di fare fotografie a occhio, a mano libera, e di metterci un’emozione. Oggi tutti fotografiamo, e con i filtri siamo diventati tutti fotografi. Senza nemmeno renderci conto che la fotografia è qualcosa di completamente diverso da quello che fanno miliardi di persone ogni giorno facendosi un selfie. Senza nemmeno più essere quasi capaci di scrivere senza una tastiera, figuriamoci il disegno…

In passato c’era più futuro: l’opera lirica era la summa della poesia, della tecnologia, della ricerca musicale, della drammaturgia, dell’entertainment, dell’improvvisazione, della tecnica, degli allestimenti, della pubblicità: oggi il teatro lirico è simile a un museo, e gli uomini moderni hanno dimenticato le regole universali di quel mondo fatato.

In passato c’era più futuro: non esistevano i registratori, i dischi e i cd. E quindi ogni ascolto era unico. E tutti ricordavano perfettamente una melodia, sapendo che sarebbe stato molto difficile ascoltarla ancora, per una seconda volta. Oggi abbiamo il privilegio di ascoltare la nona di Beethoven per tremila volte, ma quanti di noi riescono a ricordare tutte le note? E pensare che Beethoven non l’ha mai sentita…Mozart ha ascoltato la sua musica meno di quanto abbia potuto fare io con tutti i dischi che ho imparato. Ma ovviamente la mia scrittura non sarà mai come quella di Mozart. Perché ho avuto troppo futuro a disposizione.

Ecco se penso di immaginare un futuro vorrei metterci più passato. E prendere le nostre scoperte e utilizzarle nel modo migliore per non farci regredire ma migliorare. Lentamente. Col tempo necessario. La migliore forma di avanguardia oggi è guardare al passato come forma di stupore.

E spero che in futuro ci sarà più passato.

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