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François Hollande, ex premier francese: “Putin è un grande bugiardo. L’asse franco-tedesco? Non vuole escludere l’Italia”

L’ex premier francese, François Hollande, ha espresso la sua opinione a proposito dell’asse franco-tedesco e dei fastidi italiani. «Bisogna accettare la coppia, sapendo che c’è anche un terzo partner», ha detto. Hollande, intervistato da Stefano Montefiori per il Corriere della Sera del 15 febbraio, ricorda che nel 2014 inaugurò al castello di Benouville i colloqui a quattro (Francia, Germania, Ucraina, Russia) del «formato Normandia» per contenere la minaccia russa, e l’anno successivo si rifiutò di consegnare a Mosca gli incrociatori francesi Mistral già venduti.

Presidente Hollande, qual è il suo sguardo sulla guerra in Ucraina oggi, a quasi un anno dall’invasione russa?

«Vladimir Putin ha perso l’inizio della guerra, ma siamo solo all’inizio. È diventata una guerra di posizione, di trincea, come ne abbiamo conosciute in passato, per esempio la Prima guerra mondiale, e potrà durare ancora a lungo. Negoziare adesso sarebbe concedere alla Russia i territori conquistati. Non c’è negoziato possibile senza un rapporto di forza militare favorevole all’Ucraina».

Dopo l’invito di Macron al cancelliere tedesco Olaf Scholz e al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, le relazioni tra Francia e Italia vivono una nuova crisi. Secondo lei aveva senso organizzare quella riunione all’Eliseo la sera prima del Consiglio dei 27 a Bruxelles?

«È vero che, come ha ricordato Macron, le discussioni tra Francia, Germania e Ucraina non sono nuove, risalgono al formato Normandia, inaugurato quando io ero all’Eliseo. Perché l’Europa possa avanzare, perché l’Italia possa giocare tutto il suo ruolo, bisogna che prima Francia e Germania si mettano d’accordo. Poi, io sono favorevole a un’Europa della Difesa non a Ventisette ma tra pochi Paesi, tra i quali l’Italia. Non c’è una volontà di mettere l’Italia nell’angolo, l’asse franco-tedesco fa parte della storia europea: il Trattato dell’Eliseo tra Parigi e Berlino ha sessant’anni».

Molti in Italia trovano ormai inaccettabile questo asse Parigi-Berlino

«Lo so, e non è la prima volta che questa irritazione si esprime. Ho conosciuto anche io questo fastidio quando Matteo Renzi mi rimproverava di avere un rapporto privilegiato con Angela Merkel. Ma io gli spiegavo che era la condizione necessaria per trovare un accordo sulla Grecia associando l’Italia. Il motore franco-tedesco è irrinunciabile in Europa, ma capisco la sensibilità italiana, e l’Europa ha bisogno dell’Italia: se io e Mario Monti non fossimo intervenuti con forza al Consiglio europeo di giugno 2012 di fronte alle resistenze di Angela Merkel, non saremmo mai arrivati a quella politica monetaria della Bce favorevole all’Europa del Sud».

Qual è il suo ricordo personale dei negoziati con Putin?

«Tende a dire menzogne, soprattutto se sono enormi. Con due obiettivi: il primo è instillare il dubbio nelle opinioni pubbliche; il secondo è allibire l’interlocutore, che resta stupefatto di fronte a un comportamento simile. Putin ha potuto dirmi nella notte di Minsk che non conosceva i separatisti ucraini, e chiamarli al telefono il giorno dopo. Oppure ha sostenuto che il gruppo Wagner fosse un’agenzia di sicurezza privata come ce ne sono tante in Europa».

Gli accordi di Minsk di cui lei fu un artefice non hanno impedito la guerra

«Ma io li rivendico. Era chiaro da subito che Putin non aveva intenzione di rispettare gli accordi e in particolare il ritorno all’integrità territoriale ucraina; tuttavia, quegli accordi hanno dato all’Ucraina una cosa fondamentale: il tempo. Sette anni che hanno permesso a Kiev di prepararsi e poi di resistere all’invasione».

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