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Guglielmo Garagnani, Vicepresidente Consorzio Parmigiano Reggiano: “I cambiamenti climatici incidono in maniera totale sulla produzione del Parmigiano” | Stati Generali della Ripartenza

Quali sono gli effetti che i cambiamenti climatici hanno su un prodotto d’eccellenza del Made in Italy? Di questo ha parlato Guglielmo Garagnani, Vicepresidente Consorzio Parmigiano Reggiano, nel suo intervento durante il Panel “I cambiamenti climatici e i prossimi scenari: salute, economia e territori” agli Stati Generali della Ripartenza organizzati a Bologna dall’Osservatorio economico e sociale Riparte l’Italia. Riportiamo di seguito il suo intervento integrale.

Le terre del Parmigiano Reggiano

Il Consorzio Parmigiano Reggiano è molto contento di essere presente in questo consesso così importante e così ricco di personalità. Piace anche a noi dire la nostra.

Spesso siamo relegati nei caseifici sparsi nel territorio dell’Emilia-Romagna tra le province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna in sinistra di Reno e Mantova in destra Po. Quindi un territorio molto piccolo, ma che territorio! L’idea di poter parlare di territorio per chi si occupa di Parmigiano Reggiano è come parlare della propria anima, del proprio codice genetico, della propria storia, perché questo è, il Parmigiano Reggiano è un formaggio che sicuramente piace, sia in Italia che nel resto del mondo, ma soprattutto rappresenta un legame indissolubile con il territorio in cui viene prodotto, è un’indicazione geografica.

La normativa comunitaria ha fatto un percorso molto profondo, estremamente efficace nel corso degli ultimi 30 anni, evidentemente per chi ci vive e tuttora proprio nel corso del 2023 ha ulteriormente modificato il regolamento 251 del 2012 che regolamenta i territori dove si producono le indicazioni geografiche stabilendo di fatto anche da un punto di vista economico e sociale uno dei pilastri dell’esistenza probabilmente per il Sud Europa. Senza l’esistenza delle indicazioni geografiche il Sud Europa sarebbe estremamente diverso.

Gli impatti del cambiamento climatico

Come può agire il cambiamento climatico su un prodotto che vive dal mattino alla sera grazie al clima? Ovviamente incide in maniera totale, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Questi forti cambiamenti che stanno portando momenti di pioggia intensissime in poche giornate rispetto ai molti mesi di siccità agiscono evidentemente in natura e stanno alterando completamente gli equilibri tra gli esseri viventi, ma in particolar modo quella fascia di esseri viventi che per noi è importantissima che sono le popolazioni batteriche, i lieviti.

Senza entrare in tecnicismi, il formaggio Parmigiano Reggiano esiste grazie alle popolazioni batteriche presenti su quel territorio e allora queste piogge clamorose e terribili come sono avvenute questa primavera in Romagna, non hanno portato altrettanti allagamenti nel complesso del Parmigiano Reggiano ma hanno portato frane terribili nelle fasce appenniniche, ma soprattutto un’alterazione dei foraggi primaverili all’interno dei quali sono presenti queste popolazioni batteriche che danno luogo poi alle caratteristiche di profumi e di sapori che sono tipiche del nostro formaggio.

Quindi quello che tutti noi mangeremo tra 24 e 36 mesi sarà un prodotto molto diverso da quello a cui siamo abituati, assolutamente diverso.

Così come i periodi di siccità prolungati tipici degli ultimi 10 anni stanno provocando una carenza di produzione di foraggio soprattutto nelle aree montane da cui per forza ne scaturisce una minor disponibilità per l’alimentazione del bestiame e quindi necessariamente una minor produzione, se non a discapito della qualità, di latte e quindi di formaggio.

Quindi l’incidenza del cambiamento climatico è totale su un prodotto che fa parte delle numerose eccellenze agroalimentari italiane ed emiliano-romagnole in particolare, in una maniera assolutamente diretta. Dalla quale la ricerca, l’innovazione, l’abnegazione anche dei produttori agricoli del formaggio possono sicuramente trarre insegnamenti, perché non c’è dubbio che soprattutto in campagna ma anche nella storia dell’uomo non potendosi difendere non puoi far altro che alterare in maniera rispettosa ma efficace quelli che sono i processi da sempre conosciuti per continuare ad ottenere un prodotto di alta qualità che si avvicini al prodotto originario, anche se le condizioni non sono più le stesse.

Il Parmigiano degli Stati Uniti

Cito su questo concetto una recente diatriba che ha visto coinvolto qualche accademico rispetto al fatto che il Parmigiano Reggiano vero si mangia solo negli Stati Uniti, immagino che molti avranno letto queste “simpatiche esternazioni”, che probabilmente è vero, cioè il Parmigiano Reggiano come si faceva 100 anni fa lo si mangia là, ma il Parmigiano Reggiano non è un marchio stabile, non è un bullone fatto sempre uguale nel corso dei secoli. È un prodotto altamente democratico, ci piace definirlo così, che segue la crescita e l’evoluzione di una popolazione che vive su un territorio e che evidentemente segue l’evoluzione anche del clima, tra i vari fattori che interagiscono e impongono queste variazioni.

Una qualità sempre garantita

La qualità del prodotto continuerà sempre a essere mantenuta, certo ci saranno delle caratteristiche organolettiche diverse, cioè potrebbero avere profumi diversi. Faccio un esempio spero semplice da comprendere: grandi precipitazioni a maggio sugli appennini modenesi o bolognesi significa il ritardo o la morte di tutta una serie di essenze di graminacee che sono ricche nei prati dell’Appennino e sono quelle che dopo 24 mesi danno quel profumo di frutta secca e di nocciola al Parmigiano. Se piove molto, probabilmente il Parmigiano a 36 mesi non avrà più quel profumo, ne avrà altri. Quindi la qualità sarà sempre stra-garantita, ma le percezioni sensoriali potrebbero essere diverse.

Sulla quantità invece è un tema estremamente interessante, perché se si riduce la quantità a ettaro di sostanza secca destinata agli allevamenti, o si ampia la superficie destinata al Parmigiano Reggiano a discapito di altre colture, come barbabietole da zucchero e pomodoro, ma sarebbe una follia, oppure evidentemente si ridurrà la produzione, potrebbe esserci questo tema.

L’innovazione e lo sviluppo tecnologico del Parmigiano

Il tema dell’innovazione e dello sviluppo tecnologico è sicuramente di grade attualità in un consorzio storico come quello dei produttori del Parmigiano Reggiano. Bisogna capire come sia possibile mantenere quelle caratteristiche intrinseche di artigianalità che fanno parte di un valore non palpabile, non gustabile che ovviamente ogni consumatore si aspetta, mettendolo insieme a un’ovvia necessità di innovazione proprio per resistere a questa fase così complicata come quella dei cambiamenti climatici, ma più in generale di riassestamento anche del tessuto economico nostro fatto di manodopera.

E qui la ricerca diventa per forza la nostra principale alleata in rapporto con gli istituti di ricerca pubblici, privati, internazionali, in quello che è un percorso già molto ben delineato ed è partito già da un paio di decenni a livello di tecniche agronomiche, disponibilità di materiale genetico tradizionale e non parliamo di altro per quanto riguarda piante erbacee che possono adattarsi meglio a una riduzione di disponibilità d’acqua o a maggiori temperature estive.

I big data e i caseifici

Un tema anche che ci tocca da vicino è quello dei big data, dei grandi numeri, che in un allevamento di animali, mammiferi viventi quali sono i bovini ruminanti è fondamentale. Ogni stalla è piena di sensori ovunque, che sanno come si muovono, quanto mangiano, quanto dormono, la disponibilità di spazio o di luce. Ci sono poi i robot di mungitura, perché non si trovano più mungitori, non troviamo più nessuno che viene a mungere nelle stalle e dobbiamo per forza arrivare a meccanizzare anche quello. Così riusciamo a conoscere lo stato di salute dell’animale e possiamo verificare il livello di immissione di input che è sempre più importante.

E questo è un processo che è in corso, con risultati assolutamente interessanti. Ogni tanto ci sono degli strappi in avanti che devono essere fermati perché rimaniamo un prodotto artigianale. I caseifici sono ancora totalmente artigianali se non con degli inserimenti tecnologici che aiutano i movimenti dei casari e dei garzoni.

Questo tipo di sforzo è necessario per garantire il mantenimento della presenza del nostro prodotto nel territorio, anche perché la presenza sul territorio di un prodotto come quello del Parmigiano Reggiano è molto importante.

L’interazione del Consorzio con il territorio

Basti vedere la differenza delle due zone di Bologna a sinistra e a destra di Reno, nella prima il Parmigiano c’è, nella seconda no, e in quest’ultima c’è un progressivo abbandono dell’attività agricola che significa anche maggior rischio idrogeologico e il cambiamento di un paesaggio che è fondamentale. Il paesaggio del Parmigiano Reggiano oggi ha visto la nascita di una scuola nell’appennino reggiano, perché la produzione di foraggi nell’alta collina dell’alta montagna determina un’alterazione che noi riteniamo positiva rispetto a una riattualizzazione che dà un forte equilibrio e che oggi è cercata da quel turismo che non ha più voglia di trovarsi ristretto in qualche baccaro veneziano immerso ad altri milioni di persone ma che tra una visita di un caseificio e a cuocere la forma e di una acetaia di aceto balsamico e di una cantina trova nelle passeggiate negli appennini un buon modo per passare tre-quattro giorni.

Quindi un’interazione con il territorio che se fosse messa a repentaglio dai cambiamenti climatici a cascata determinerebbe una serie di fattori negativi incommensurabili.

Artigianalità e sostenibilità

L’artigianalità è compatibile con la sostenibilità nel momento in cui si conosce esattamente gli input e gli output che portano. Ogni singolo passaggio noi ormai dobbiamo capire se il valore dell’artigianalità è un valore sostenibile. Ad esempio, la famosa marchiatura a fuoco delle forme è qualcosa su cui ci stiamo fortemente interrogando, perché è qualcosa di altamente iconico e che qualunque consumatore riconosce nel mondo ma che probabilmente potrebbe essere superato da macchine a laser estremamente più veloci e che magari hanno emissioni gassose meno impattanti. È solo la conoscenza di quel che accade che ci permette di fare giuste scelte.

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