Analisi, scenari, inchieste, idee per costruire l'Italia del futuro

Giovanni Maria Flick (già presidente Corte Costituzionale): «Mattarella rilancia la giustizia e allontana il presidenzialismo»

«Il discorso di Mattarella ha fugato ogni perplessità su una rielezione che egli stesso aveva respinto pubblicamente nei mesi scorsi – ragiona il professor Giovanni Maria Flick, già ministro della Giustizia e presidente della Corte costituzionale – perché l’ha contestualizzata nell’orizzonte dell’Italia dopo l’emergenza: non ripristinata, ma ricostruita e riorganizzata in modo più moderno e giusto. Rovesciando il canone gattopardesco, tutto deve cambiare perché tutto cambi. Questo vale soprattutto per la magistratura: sette anni fa destinataria solo di un formale ringraziamento, oggi di una parte rilevante del discorso».

Crede che questa rielezione spinga il sistema verso il presidenzialismo? «Al contrario. Attraverso l’elogio del Parlamento e la difesa della sua centralità, il discorso di Mattarella fa giustizia dello scivolamento più o meno silenzioso e consapevole verso una Repubblica presidenziale senza riformare la Costituzione».

In che modo? «Primo: rispetto dei limiti delle diverse fonti normative, che pone fine all’enfasi nel ricorso ai decreti. Secondo: garanzia per il Parlamento di condizioni e tempi per valutare i provvedimenti, che segna uno stop al monocameralismo imperfetto di fatto e all’abuso dei voti di fiducia. Terzo: la difesa della democrazia rappresentativa, che identifica il Parlamento come sede tipica del confronto e della partecipazione».

E il semipresidenzialismo di fatto, teorizzato da Giorgetti per sponsorizzare l’ascesa di Draghi al Quirinale? «Tipica applicazione della regola italiana per cui la linea più breve tra due punti è la spirale, non la retta. Eh no: o si cambia tutto o non vale. Mattarella seppellisce queste scorciatoie, chiarendo le ragioni dell’emergenza per cui ha accettato la rielezione e precisando che la richiesta è arrivata dal Parlamento, non dai capipartito».

Sette scrutini a vuoto sono un’emergenza? «Non conta il numero delle votazioni, ma la qualità del processo. Il pathos e il metodo, il numero di candidature bruciate rendevano drammatiche le ragioni dell’urgenza di porre fine a una situazione contraria alla dignità istituzionale».

Come valuta la parte del discorso sulla magistratura? «Oltre al contenuto, l’aspetto che più mi ha favorevolmente colpito è la prospettiva. Mattarella si è messo dalla parte del cittadino. Non dell’Europa, non dei mercati, non degli investitori».

Da che cosa lo desume? «Dal fatto che dei due frutti attesi delle riforme — ragionevole durata dei processi e ragionevole prevedibilità degli esiti — ha citato solo il secondo. Non che il primo non conti, sia chiaro. Ma riguarda le riforme già messe in moto da governo e Parlamento in connessione con il Pnrr, con soluzioni tecnicamente non sempre convincenti, il cui successo si misurerà con i fatti. Invece la certezza del diritto è direttamente connessa con l’eguaglianza dei cittadini».

Vasto programma, la certezza del diritto. «Non lo dica a me. Entrai in magistratura pensando che fosse la norma a dare certezza. Quasi sessant’anni dopo, ho maturato la certezza che la giustizia è in fondo solo un ragionevole dubbio in cerca di equilibrio».

Allora che fare? «Trovare un punto di equilibrio per evitare che il giudice passi dall’interpretazione alla creazione del diritto. Una tendenza crescente, negli ultimi decenni, anche per riempire spazi vuoti lasciati dal Parlamento».

E incoraggiata da opinione pubblica ed evoluzione tecnica, che richiedono il riconoscimenti di nuovi diritti, si pensi alla bioetica. «Sono perplesso ad esempio da certe decisioni della Consulta come quella sul fine vita, che manifestano un coraggio ammirevole ma assai prossimo allo sconfinamento nella creatività».

Quella di Mattarella è stata una condanna della magistratura? «No, una constatazione della mancanza di valutazione delle professionalità dei magistrati e della necessità di restituire credibilità a essi e alla giustizia, espressa con la richiesta di sgomberare il terreno di scontro che si è instaurato tra correnti che hanno condizionato il Csm».

Si rischia un ridimensionamento del ruolo della magistratura? «Non è questo il messaggio, e ne trovo conferma nell’elencazione dei diritti fondamentali di cui i magistrati sono custodi, tra cui quelli dei detenuti».

Come valuta la richiesta di una riforma immediata a profonda del Csm? «Sempre nell’ottica del cittadino, che ha metabolizzato negli ultimi anni la necessità di cambiare valorizzando il merito professionale a scapito delle logiche di appartenenza dei magistrati. Il primo risultato è lo sblocco del testo della ministra Cartabia, impantanato da mesi».

Mattarella può fare altro? «Mi auguro, come cittadino, che presieda con più frequenza le sedute del Csm in termini e con modalità che facciano comprendere l’importanza di questa sua specifica attribuzione. Sarebbe un argine alla correntocrazia».

La maggioranza del Csm è composta da magistrati: difficile pensare che votino senza liste, aggregazioni, correnti. «Attenzione: per la Costituzione i membri togati del Csm sono rappresentanti di magistrati, non di partiti di magistrati. Così come i laici sono eletti dal Parlamento, ma tratti da esperienze professionali (avvocati o docenti). Non mi piace la tendenza a ingrossare il Csm di politici, allargando una zona grigia che alimenta pericolose tentazioni».

SCARICA IL PDF DELL'ARTICOLO

[bws_pdfprint display=’pdf’]

Iscriviti alla Newsletter

Ricevi gli ultimi articoli di Riparte l’Italia via email. Puoi cancellarti in qualsiasi momento.

Questo sito utilizza i cookie per migliorare l'esperienza utente.