“C’è chi produce l’energia, chi la distribuisce e chi la consegna al cliente finale“. Inizia con la spiegazione del ciclo di produzione dell’energia l’intervento di Francesco Bernardi, presidente onorario di Illumia, durante il panel “Autonomia energetica: tra efficienza di sistema e scelte strategiche” che si è tenuto agli Stati Generali della Ripartenza organizzati a Bologna dall’Osservatorio economico e sociale Riparte l’Italia..
“Nel 2021, tutti i grossisti che dovevano fornire l’energia al cliente finale, campo in cui ho esperienza, si è trovato che il prezzo del metano, che prima veniva fornito a 20, ora costava 350, ossia 15 volte di più“, ha continuato Bernardi.
L’impatto economico della crisi del 2022
“La filiera relativa alla circolazione del denaro prevede che il grossista compri il gas metano e l’energia elettrica da chi la fornisce o da chi la produce, e le regole prevedono che si debba pagare questa commodity entro 10 giorni. Il cliente paga al grossista con un tempo che mediamente è di 30, 60 o a volte 90 giorni. Quindi l’esigenza di circolante che hanno i grossisti aumenta del doppio, del triplo e nel 2021 è stato di 15 volte. Ma la cassa che ha un grossista non può aumentare improvvisamente di 15 volte, quindi si trova a non poter pagare al fornitore l’energia o il gas che servono ai suoi clienti“.
“La normativa prevede in quel caso che nell’arco di due giorni l’intero gruppo di clienti che un grossista ha passi immediatamente a un mercato di diversa natura che si chiama “mercato di maggior tutela”, ovverossia in un mercato tutelato dallo Stato”.
Questa è storia accaduta due anni fa, ma qualora queste cose accadano di nuovo, un numero di clienti rilevante si troverebbe ad avere un contratto non più a prezzi fissi, ma a prezzi fluttuanti. Se si va a vedere quello che è successo nel 2021, qualora i grossisti non fossero stati adeguatamente sostenuti dallo Stato e l’esplosione dei prezzi fosse rimasta costante per diversi mesi, un numero elevato di grossisti sarebbe fallita.
Il risparmio per i consumatori e la pericolosità della carenza di materia prima
Quello che è accaduto in quel periodo è che il risparmio che è stato prodotto ai consumatori per effetto dei contratti a prezzo fisso è stato valutato in 5 miliardi. Chi aveva il prezzo fisso si è trovato così tutelato, chi invece ha il prezzo variabili ha subito l’innalzamento dei prezzi.
Questo per dire che è estremamente grave e pericolosa la carenza di materia prima, come il metano, perché oltre ai problemi di stabilità e di sicurezza del Paese, ci sono delle implicazioni sulla variazione dei prezzi che può essere estremamente grave. È fondamentale che tutti i ruoli coinvolti nella filiera di distribuzione dell’energia siano adeguatamente tutelati, anche proprio a favore del consumatore finale, per avere stabilità.
Serve completare il processo di privatizzazione del mercato energetico
Il tema della transizione non riguarda solo il passaggio dalle fonti tradizionali alle fonti rinnovabili, ma riguarda un approccio un po’ più generale a tutto il mercato elettrico. Perché sul tema del mercato elettrico aleggia una domanda cruciale, e cioè “il nostro Paese vuole portare a compimento il processo di privatizzazione o meno?”. Perché c’è una strana prevenzione che in qualche modo appartiene all’opinione pubblica, al mondo della politica e in parte anche al mondo dei giornalisti, e cioè noi abbiamo una atavica diffidenza verso il privato, consideriamo che siano inconciliabili gli interessi privati e il bene pubblico. Per cui nel settore elettrico noi abbiamo iniziato un processo di privatizzazione che non si è mai concluso, è forse il processo più lento che la storia delle privatizzazioni l’Italia registra.
Di privatizzazione del settore elettrico si iniziò a parlare nel 1992, quando c’era l’IRI che aveva accumulato un debito prossimo agli 80 miliardi di euro, che era il 4,5 del PIL.
La prima operazione di privatizzazione che fu fatta fu quella di Enel, per farla diventare una SpA. Ma ci vollero altri 8 anni per cui la spinta della privatizzazione avesse effetto, dovemmo aspettare il decreto Bersani del ’99 in cui si stabilì che nessuno potesse avere più del 50% della fornitura elettrica in Italia e per la prima volta si aprì la possibilità della fornitura libera ai grandi consumatori.
La nascita del mercato libero
Ma ancora una volta non fu quella la data in cui un consumatore poteva scegliere liberamente il proprio fornitore, perché si dovette aspettare il governo Prodi del 2007 quando finalmente nacque il mercato libero nel settore elettrico, che è un po’ la punta di diamante della privatizzazione.
Quando il governo Prodi fece nascere il mercato libero, decise che se un consumatore aveva timore a rivolgersi a un mercato aperto, poteva rimanere in un mercato tutelato dallo Stato ai prezzi stabiliti dallo Stato. Quel mercato si chiamò “mercato di maggior tutela”, parola molto evocativa del fatto che se un mercato va tutelato vuol dire che c’è qualcuno che vuole attaccare quel mercato perché non persegue gli stessi interessi.
Di fatto, dal 2007 in cui doveva nascere il mercato libero, accadde che prima dell’abolizione della maggior tutela raccomandata dalla comunità europea, passarono altri 7 anni, perché ci vollero prima il governo Renzi e poi il governo Gentiloni perché fosse abolito il mercato a maggior tutela, ma erano già passati 20 anni rispetto al ’92.
E anche allora non fu la volta che partì il mercato libero, perché i Governi che si susseguirono rinviarono per 5 volte la scadenza del mercato a maggior tutela, perché prima lo prolungò Gentiloni, tre volte il Governo Conte bis, e ora il Governo Meloni si ritrova con la scadenza a gennaio 2024 in cui il mercato dovrebbe terminare.
Come andarono in questi anni i rapporti fra la tutela e il libero?
Ci vollero 20 anni perché i clienti nel mercato tutelato e quelli nel mercato libero fossero uguali, cioè nel 2019, e oggi abbiamo il 70% nel mercato libero e il 30% nel mercato tutelato.
I consumatori quale vantaggio hanno? Bisogna sempre ascoltare l’Authority del nostro settore che ogni stila un rapporto dove stabilisce se per un consumatore è più conveniente stare in un mercato tutelato o nel mercato libero. Secondo l’Authority nel 2021 era un po’ più favorevole il mercato tutelato, ma l’Authority non ha mai portato nell’analisi tutti quei prodotti ancillari che accompagnano la vendita dell’energia elettrica o del metano che fanno i liberi fornitori, come le lampadine led o contratti per assicurazioni contro gli infortuni o la pompa di calore. Se uno considera questi prodotti, si vede chiaramente che la maggiore convenienza è verso il mercato libero.
Ma la prova del nove è che nel biennio 2021-2022 i risparmi del libero sono ammontati a 5 miliardi. Ora il Governo si trova a dover scegliere se rinviare per una sesta volta l’apertura di questo mercato o se confermarla. Abbiamo la Comunità Europea che dice al ministro Fitto che se rinviate questa scadenza l’Italia si deve dimenticare i soldi del PNRR. Abbiamo il ministro Fratin che è un po’ preoccupato delle conseguenze elettorali che questa scelta potrebbe comportare.
Io spero che strategicamente venga compiuto il processo di privatizzazione, venga eliminato il mercato di maggior tutela e finalmente quello che auspica la Comunità Europea da 20 anni venga realizzato”.