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[L’intervento esclusivo] Elena Ugolini (ex sottosegretaria all’Istruzione): «La “pandemia secondaria” delle aperture a singhiozzo deve terminare. Basta discutere, c’è solo una soluzione»

Oggi, in nome di un diritto che confligge in modo eclatante con quello di milioni di bambini e di adolescenti, si discute ancora se sia opportuno chiedere ai docenti il green pass.

La nota unitaria dei sindacati dell’11 Agosto che parla della decisione di adottare il green pass per il personale scolastico, con le relative sanzioni in caso di inadempienza come di un provvedimento “assunto dal Governo in modo unilaterale, nonostante la Amministrazione Scolastica e Sindacati siano da tempo impegnati a trovare soluzioni utili per far ripartire la scuola in presenza”, stupisce per due motivi.

Il primo riguarda la natura di decisioni che non possono essere oggetto di trattativa sindacale, semplicemente perché  fondate su dati ed indicazioni scientifiche che chiedono a chi governa di prendere delle decisioni: se l’unico strumento a nostra disposizione per limitare la circolazione del virus è vaccinarsi, occorre chiedere di farlo a chi ogni giorno deve entrare in classe.

Lo scopo non è solo tutelare la propria salute, ma anche quella dei propri studenti.

Il secondo motivo riguarda il fatto che il 90% del personale scolastico risulta essere già vaccinato.

Questo significa che da parte dei docenti non ci sono posizioni preconcette e c’è il desiderio di poter ritornare a svolgere il proprio lavoro in presenza senza continuare con una scuola “a singhiozzo“ che ha messo tutti in seria difficoltà.

Se i dati ufficiali dovessero confermare queste percentuali, il provvedimento che chiede il green pass ai docenti andrebbe ad intercettare quella minoranza che a settembre potrebbe mettere in seria difficoltà le scuole. La nota dei sindacati ribadisce anche che sarebbero altri i provvedimenti necessari per ritornare a scuola in sicurezza, ad esempio garantire in modo permanente lo sdoppiamento delle classi e il personale aggiuntivo per le supplenze derivanti dal covid. Ma ne siamo proprio sicuri?

E’ vero, anche gli ultimi documenti del CTS parlano dell’importanza del distanziamento, della necessità dell’uso della mascherina nel caso non si possano rispettare le distanze, dell’importanza dell’areazione delle classi e dell’igienizzazione, ma in modo chiaro ribadiscono che l’azione indispensabile da compiere per limitare la circolazione del virus è allargare la platea dei vaccinati coinvolgendo anche gli alunni dai 12 anni in su. Non credo che i ragazzi possano reggere un altro anno di quarantene preventive! 

E’ stata questa incertezza continua che ci ha messo in grande difficoltà. Esiste una “pandemia secondaria” che coinvolge milioni di bambini e di adolescenti davanti a cui non possiamo essere titubanti. Sono serviti i dati Invalsi  pubblicati poche settimane fa per vedere in modo chiaro che problemi ha portato la scuola “a singhiozzo” di questi ultimi 18 mesi, ma non c’è ancora abbastanza attenzione sugli effetti psicologici e umani conseguenti all’isolamento forzato a cui abbiamo obbligato i bambini e gli adolescenti per “proteggere noi adulti“. 

Prima della scoperta dei vaccini, quando ancora non si sapeva come combattere quel nemico che stava riempendo le terapie intensive degli ospedali di tutto il mondo, questa ragione poteva essere comprensibile. Ma ora questa motivazione non regge. Dobbiamo rimettere “al centro di una visione del mondo i diritti di quelli che siamo abituati a chiamare “minori”, termine che di suo è già indicativo di una “sottrazione“, come dice un noto primario di pediatria e neonatologia, il dott. Federico Marchetti, in una lettera pubblicata recentemente anche sul British Medical Journal .

In nome di un certo modo di concepire la libertà individuale rischiamo di penalizzare una generazione intera. Nella  riunione del 12 Luglio scorso il Comitato tecnico scientifico aveva detto in modo chiaro che “la vaccinazione costituisce, ad oggi, la misura di prevenzione pubblica fondamentale per contenere la diffusione del covid.

E che sarebbe stato essenziale, per evitare di dover rinunciare alla didattica in presenza, promuovere la vaccinazione nella scuola” ed ha espresso “una forte raccomandazione al decisore politico, affinché ogni sforzo venisse fatto per raggiungere un’elevata copertura vaccinale in questa popolazione, sia promuovendo intense campagne informative, sia attraverso l’individuazione delle ulteriori misure, anche legislative”.   

Il decreto del governo ed il piano scuola del ministero rispondono proprio a questa richiesta e ci aiuteranno a riaprire  le scuole in tutto il Paese. Quando i nostri figli cresceranno che cosa ci diranno delle scelte che abbiamo fatto senza tener conto di alcune evidenze come l’azzeramento dei ricoveri tra i vaccinati, l’assenza di casi letali in chi ha fatto il vaccino e la sicurezza dei danni che la chiusura delle scuole e il ritiro sociale ha provocato e provocheranno in loro? Occorre uscire dal pantano e chiamare le cose con il loro nome, senza tergiversare .

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