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Ecco perché dopo un 2023 di utili record ora per le banche il quadro si complica | L’intervento di Angelo De Mattia

Non c’è da meravigliarsi, ma è bene ricordare il panorama che ci si presenta nel settore del credito e della finanza: da un lato, si registra quello che il governatore Fabio Panetta ha definito come un eccezionale reddito di esercizio dello scorso anno che dovrebbe portare a profitti netti nel settore stimati in 25 miliardi.

Si rileva altresì un aumento della ricchezza finanziaria nello scorso anno pari, secondo l’indagine della Fabi, a 80 miliardi con un ammontare complessivo per oltre 5 mila miliardi; da un altro lato, i tassi sulle diverse categorie di prestiti bancari, con riferimento ai nuovi finanziamenti, ora iniziano a scendere in media sotto il 4%, mentre calibratamente sale la remunerazione dei depositi a scadenza predeterminata.

A fronte di ciò i bilanci delle banche centrali, in generale, vanno incontro a non ordinarie difficoltà perché il rialzo dei tassi che si è verificato finora impatta sui titoli in portafoglio acquistati nella fase dei tassi zero o negativi a cui si aggiunge l’aumentata remunerazione dei depositi delle banche ordinarie.

Alla svalutazione potranno conseguire una netta contrazione della possibilità di decidere dividendi, se non l’azzeramento di una tale destinazione e, in alcuni casi, la necessità della copertura di perdite che si dovessero registrare con fondi di riserva, come è accaduto, per due esercizi, alla Bundesbank e, per una volta, alla stessa Bce.

Verificheremo entro il 31 marzo quale sarà il bilancio della Banca d’Italia con riferimento anche alle altre banche nazionali dell’Eurosistema.

L’ipotesi della difficoltà di devolvere utili o della netta diminuzione di tale possibilità rispetto al passato, in specie al Tesoro, non si può escludere per le cause e l’impatto accennati e, in particolare, per gli acquisti di titoli effettuati nell’ambito del Quantitative Easing, dunque per finalità di politica monetaria.

Naturalmente l’ovvia risposta a questo quadro con le banche commerciali in ottima salute (almeno adesso), la ricchezza finanziaria che aumenta e le condizioni della clientela bancaria che, sia pure lievemente, migliorano, mentre pagano le banche centrali, è che queste ultime non hanno come finalità quella di fare profitti, di far crescere il valore per gli azionisti, dunque di essere giudicate in base a come remunerano i partecipanti al capitale.

Tuttavia non può mai dimenticarsi che una buona condizione dei bilanci è fondamentale per l’indipendenza finanziaria la quale, a sua volta, è una componente fondamentale dell’indipendenza tout court.

Donde l’importanza di un’accorta strategia in questo campo e della precostituzione, insieme con argini, di fondi ai quali attingere nei casi di difficoltà.

Una banca centrale non può mai trascurare (data la premessa ovvia dell’essenzialità dell’ordinamento) l’altro pilastro della propria indipendenza che è dato dal personale, dalla sua competenza, dalla convinta adesione e dedizione, si potrebbe dire dallo spirito di istituzione.

Ciò che a volte consegue a fenomeni di contrazione degli utili, la ricerca cioè di risparmi, quasi una sorta di mini spending review, da un lato, deve essere proporzionata perché incombe il rischio di eccedere senza che vi sia bisogno di razionalizzare un ambiente già razionale, dall’altro, non deve di certo toccare l’attuazione di funzioni fondamentali e la gestione del personale oppure introdurre nuove figure sovrapponentisi alle strutture.

In ogni caso, la progettazione di unità o di funzioni deve prescindere da chi vi sarà preposto, cosa che si deve decidere dopo.

Insomma, le innovazioni non vanno deliberate per un determinato dirigente, ma è dopo l’istituzione che si valuta quale sia la persona più idonea.

Più in generale, a proposito di scelte organizzative, ancora oggi si può valutare l’errore a suo tempo compiuto con la soppressione di due terzi circa delle filiali della Banca d’Italia i cui compiti, in alternativa, ben avrebbero potuto essere rafforzati e rilanciati.

Invece con la soppressione si è andati incontro a problematiche rilevanti, ivi comprese quelle, certamente non le prioritarie, ma purtuttavia insorte, concernenti la vendita degli immobili dove erano allocate le stesse filiali da un secolo od oltre per alcune di esse.

Comunque dovremo attendere, come accennato, il bilancio dell’istituto di Via Nazionale, la cui approvazione da tempo, per un raccordo con il bilancio della Bce, non viene più deliberata nella tradizionale, storica assemblea di fine maggio insieme con la relazione annuale, della quale il governatore legge le Considerazioni Finali.

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