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Ecco la resilienza dell’Europa tra guerra e sanzioni | L’analisi

Uno degli argomenti usati dai contrari alle sanzioni e all’invio di armi all’Ucraina è che queste azioni farebbero più male a noi che alla Russia.

Lasciando da parte considerazioni etiche sul valore di questa affermazione a fronte della brutale aggressione ai danni dell’Ucraina, occorre constatare che l’Europa ha retto bene l’impatto.

Nel 2022, il tasso di crescita del Pil reale è stato 3,5% sia nella Ue che nell’Eurozona.

C’è l’inflazione, è vero, e questo è un costo elevato per milioni di famiglie.

Ma le ragioni di scambio, ossia il rapporto fra prezzi delle esportazioni e prezzi delle importazioni, sono tornate al livello del 2019.

Una nota dell’Osservatorio sui Conti Pubblici mostra che fatto 100 il gennaio del 2019, le ragioni di scambio dell’eurozona sono peggiorate fino al 13% nell’estate del 2022, quando il prezzo del gas superò quota 300 euro a megawattora.

Ciò comportava una perdita di reddito disponibile dell’area di 6 punti percentuali, a parità di Pil.

Da allora, le ragioni di scambio sono rapidamente migliorate e ora stanno a quota 96, ossia più o meno al livello del 2019.

Il miglioramento è dovuto al fatto che il prezzo del gas è sceso a 30 euro e nel frattempo l’inflazione ha gonfiato i prezzi delle esportazioni di manufatti europei (e americani).

In altre parole, l’Europa si è in larga misura sottratta al ricatto della Russia, diversificando le fonti, risparmiando gas e vendendo i propri manufatti a prezzi più alti.

È così accaduto che fra febbraio 2022 e febbraio 2023, le importazioni europee dalla Russia sono crollate del 51% (Eurostat) e nel primo quadrimestre di quest’anno l’avanzo della bilancia commerciale della Russia è sceso a 29 miliardi di dollari dai 114 dello stesso periodo del 2022 (Banca Centrale russa).

Con le ragioni di scambio in sostanziale equilibrio, l’inflazione non è più il canale attraverso il quale si trasferisce reddito disponibile all’estero impoverendo i residenti.

La Russia non è più in grado di estorcere all’Europa quella che Ignazio Visco, giustamente, definì una “tassa ineludibile”.

L’inflazione rimane, ma trasferisce reddito fra diverse categorie di operatori residenti (debitori, creditori, capitale, lavoro ecc.).

In questo nuovo scenario, le politiche monetarie e di bilancio possono fare molto per ridurre l’inflazione e attenuarne gli effetti distributivi non desiderati.

In ogni caso, è evidente che l’Europa ha dimostrato una resilienza che ben pochi, un anno fa, avevano previsto.

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