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E’ l’ora delle scelte per il Servizio Sanitario Nazionale | L’intervento di Costantino Troise

 “Occorre un finanziamento eccezionale al fine di salvaguardare gli equilibri del sistema sanitario nazionale,stante il perdurare di una fase eccezionale e non ordinaria della Sanità pubblica “. Così il  Coordinamento Commissione salute delle Regioni il  7 marzo, ribadendo quanto già espresso da più parti ma ignorato dalla legge di bilancio 2022 e da quella 2023.

Il finanziamento ordinario del Servizio sanitario nazionale è  cresciuto a partire dal  2015  in termini nominali  fino al 7,3% del Pil nel 2020, grazie agli interventi legati all’emergenza sanitaria. Il DEF 2023 ,però, prevede una incidenza sul PIL della spesa sanitaria pari al 6,3 % nel 2024, inferiore a quella prepandemica del 2019 (6,4 %), per approdare nel 2025 a poco più del 6%.Il punto piu basso della storia del SSN.

L’Italia è fanalino di coda per quanto riguarda la spesa sanitaria in Europa, inferiore del 37% alla media , sia per valori pro-capite a parità di potere d’acquisto ( 1.921 euro, a fronte di 4.108  in Germania, di 3.355  in Francia e  3.017 nel Regno Unito), sia come percentuale di Pil, con un gap vertiginoso rispetto a Paesi di riferimento come Francia (11,2%)  e Germania  (11,7% ) . Occorrerebbero al nostro SSN circa 20 mld di euro in più  per arrivare ai livelli di Germania e Francia e 12 per arrivare alla media europea.

Le  scelte di allocazione delle risorse del nuovo governo continuano,in sostanza, a porre l’Italia tra i paesi europei con la spesa sanitaria meno elevata .L’incremento del FSN di 2 miliardi assicurato dalla legge di bilancio 2023 non segna una inversione delle politiche economiche, visto che non basterà nemmeno per pagare il Ccnl 2019-21 del personale dipendente, gli oneri per la Medicina convenzionata , la stabilizzazione di parte del personale reclutato nella emergenza . Senza contare che 1,4 miliardi sono vincolati a compensare gli oneri indotti dal caro energia.

La sanità rimane ancora la cenerentola della agenda politica perchè, come sottolinea  la Corte dei conti, “Dopo l’emergenza si ripropone quindi il gap mai risolto tra le risorse dedicate nel nostro Paese al sistema sanitario e quelle dei principali partner europei”. Una differenza resa più grave dagli andamenti demografici: “già oggi l’Italia è caratterizzata da una quota di popolazione anziana superiore agli altri paesi,quota destinata a crescere in misura significativa nei prossimi anni”. Curioso che tocchi alla  Corte dei conti segnalare  che “ sono rilevanti i fabbisogni di personale riconducibili a carenze strutturali e, in prospettiva, alla riforma dell’assistenza territoriale; al riassorbimento delle liste d’attesa, cresciute con la pandemia; alla attuazione effettiva dei nuovi Lea, mentre continuano a persistere differenze nell’assistenza offerta a livello territoriale”.

Con l’incedere del gambero,  la sanità pubblica è precipitata in uno scenario preoccupante, frutto di un decennale definanziamento rispetto al quale non si intravvede una chiara volontà politica di inversione di rotta. Nell’agenda delle priorità del governo non si ritrovano interventi straordinari di importo significativo, né per il Fsn nè per i  contratti di lavoro del personale, né per il superamento del blocco della spesa che sta strangolando le dotazioni organiche,nè per i nuovi LEA. Siamo arrivati ad un crinale oltre il quale un SSN esangue rischia di implodere mentre si fa un gran parlare di muri e di tecnologie  che il Pnrr metterà a disposizione ma si continua a tacere di uomini e donne necessari per evitare cattedrali nel deserto e arredi urbani.

In un momento in cui l’accesso dei cittadini ai servizi sanitari è sempre più difficile, a causa di tempi di attesa infiniti che mettono in discussione il diritto alla salute per tutti, come voluto dall’art.32 della Costituzione, soprattutto nelle Regioni del Mezzogiorno e per i ceti meno abbienti. Con il fondato timore che il Ddl di autonomia differenziata approvato dal Governo accentui drammaticamente le differenze tra gruppi sociali e aree geografiche,come certificato dallo stesso servizio  bilancio  del Senato.

L’ ulteriore riduzione di spesa del 9,7% nel prossimo biennio rischia di fare del diritto alla salute un bene di lusso, che costringerà i cittadini a pagare le cure di tasca propria o a rinunciare ad esse, quando non potranno permetterselo. Sempre che il Governo non voglia mettere mano ad una completa privatizzazione, una strada certo possibile che, però, non è lecito imboccare surrettiziamente attraverso la distruzione per abbandono del servizio pubblico. In cui il PS è diventato l’epifenomeno di una crisi che coinvolge tutto l’ospedale, diventato un luogo dove è difficile entrare ma ancora più difficile uscire, dopo che, nel vuoto di politiche attive per le cure primarie, sono scomparsi  in 10 anni oltre 70.000 posti letto, con conseguente crollo del rapporto con gli abitanti sotto la media europea,specie al Sud dove nemmeno si raggiunge lo standard nazionale.

Insieme con la scarsità delle risorse, il nodo centrale della crisi della sanità pubblica, che il governo non vuole vedere, è nella frustrazione e  insoddisfazione del personale del SSN, numericamente carente, demotivato, stressato,sottopagato ed oberato di attività già in tempi normali , cui la emergenza pandemica ha dato solo il colpo di grazia. L’età media dei  medici è 51,3 anni, la più alta al mondo,il 28,5% ha più di 60 anni e un numero consistente si avvicina all’età del pensionamento. Nel quinquennio 2022-2027 sono stimati  29.331 pensionamenti tra i medici dipendenti del Ssn e  11.865 tra i medici di medicina generale (2.373 l’anno),dopo che dal  2008 al 2020 il rapporto medici/abitanti in Italia è diminuito da 19,1 a 17,3 ogni 10.000 ab.

Servono investimenti ma anche interventi legislativi che diano centralità ,ruolo e valore, anche retributivo, al personale , anche attraverso l’uso della leva fiscale a sostegno di progetti di finalità sociale come l’abbattimento delle liste di attesa. Per dirla con il Ministro Schillaci, “il rilancio della sanità pubblica passa dalla valorizzazione del personale”,  condizione indispensabile per contrastare l’inaccettabile deriva organizzativa dei gettonisti, diffusi in quasi tutte le regioni, che mina la qualità e la sicurezza delle cure, del tempario, che pretende di sostituire il cronometro allo stetoscopio, dell’overbooking che segna il passaggio dal modello tayloristico al modello ryan air.

Una ulteriore dimostrazione del fallimento del  processo di aziendalizzazione inaugurato dal Dlgs 502/92,ormai  giunto al capolinea senza avere migliorato né il saldo economico né la qualità del servizio reso. Con i medici, e tutti i professionisti sanitari, che hanno cessato di essere una risorsa su cui investire per diventare un costo da ridurre, in una pericolosa distanza dei valori di riferimento di chi produce rispetto a quelli di chi gestisce le aziende sanitarie. Il paradosso del modello di governo delle risorse professionali è tutto qui: catene di comando sempre più corte, distanze tra i valori di riferimento sempre più lunghe.

Servono architetti di una nuova idea di  lavoro perchè la sanità è fatta essenzialmente di capitale umano, competenze e conoscenze di professionisti, qualificati ed  insostituibili punti di riferimento per i cittadini, con i quali oggi condividono lo stesso cielo e lo stesso umore. E servono risorse dedicate, come quelle del MES , per salvare il soldato SSN, il bene comune piu prezioso che abbiamo, e dare agli eroi dimenticati una condizione umana e professionale piena, ben piu di una foto ricordo o di una medaglia al valore.  

Il cantiere delle riforme costituzionali aperto dal Governo non può tralasciare la necessità di garantire la attuazione dell’art.32 della Costituzione. Non finanziare la sanità pubblica in coerenza con bisogni crescenti, anche per la pressione demografica, ha il significato di un taglio. E tagliare le risorse alla sanità è ,secondo il Pontefice, un “oltraggio alla umanità” che condanna ad una  morte silenziosa il Ssn, lo strumento che la Costituzione individua per la esigibilità dell’unico diritto che definisce “fondamentale”. E che il Presidente Mattarella considera “ presidio insostituibile di unità del Paese”.

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