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E’ boom di dimissioni dal lavoro: nel 2022 sono state 2,2 milioni | L’analisi

Crescono oltre quota due milioni le dimissioni dal lavoro in Italia. Il fenomeno, esploso dopo il picco della pandemia e che negli Stati Uniti ha già la portata da “Great resignation”, continua a registrare numeri mai visti prima anche nel nostro Paese. Numeri che viaggiano alla velocità media di oltre 180mila al mese nel 2022. Oltre mezzo milione ogni tre mesi. E nonostante una frenata nell’ultima parte dell’anno alle spalle, le dimissioni restano ad un livello ben superiore rispetto al pre-Covid. Le motivazioni sono diverse, ma spesso alla base della decisione di lasciare il proprio posto c’è la spinta a cercare opportunità professionali e salariali migliori o un nuovo equilibrio tra vita e lavoro.

Nel 2022 sono quasi 2 milioni 200 mila le dimissioni registrate, in base ai dati sulle comunicazioni obbligatorie del ministero del Lavoro. Un numero in aumento del 13,8% rispetto al 2021, quando in totale sono state 1 milione 930 mila. Nel solo quarto trimestre sfiorano quota 530 mila ma si interrompe il trend positivo rilevato dal secondo trimestre del 2021: calano infatti del 6,1% (-34 mila) nel confronto annuo.

Però in termini assoluti rimangono comunque superiori al periodo precedente la crisi Covid: in particolare, nel quarto trimestre 2022 le dimissioni superano di 86 mila unità quelle registrate nel quarto trimestre del 2019. Un fenomeno che continua a coinvolgere in misura maggiore gli uomini rispetto alle donne, che più spesso devono già fare i conti con le difficoltà a trovare un impiego e a conciliare famiglia e lavoro. Così come si conferma che, in generale, tra le cause di cessazione dei rapporti di lavoro, la scadenza dei contratti a termine resta la quota decisamente più ampia.

Anche i licenziamenti mostrano la stessa tendenza. Nel 2022 risalgono e si attestano ad oltre 751 mila, in aumento del 30,2% rispetto ai 577 mila del 2021, periodo in cui era però in vigore il blocco deciso durante la pandemia. Nel solo quarto trimestre se ne registrano 193 mila (-4 mila sul quarto del 2021, -2,3%) e anche in questo caso si interrompe il trend di crescita annua cominciato dal secondo trimestre del 2021. In valori assoluti, negli ultimi tre mesi del 2022 il numero di licenziamenti si attesta ancora al di sotto (-46 mila unità) rispetto al livello registrato nel quarto trimestre del 2019, quando risultava pari a 240 mila.

L’aumento delle dimissioni volontarie è segno di una maggiore mobilità nel mercato del lavoro e anche di “una maggiore propensione a non accontentarsi. Dopo la pandemia, più spesso si dà spazio a priorità diverse e si punta a cercare un maggiore equilibrio tra vita e lavoro e migliori condizioni sia dal punto di vista retributivo che del riconoscimento della professionalità”, sottolinea la segretaria confederale della Cgil, Tania Scacchetti.

I dati rispecchiano “un mercato del lavoro che si muove velocemente. Le persone cercano un lavoro meglio retribuito e che permetta di avere una vita dignitosa, in termini economici e di tempo. Non avremo grandi cali nei prossimi mesi, è una tendenza che si manterrà ancora sostanzialmente stabile”, afferma anche la segretaria confederale della Uil, Ivana Veronese.

Per il segretario confederale della Cisl, Giulio Romani, si tratta di un fenomeno che cambia anche “le priorità nella futura regolamentazione del lavoro. Non solo retribuzioni più elevate ma anche orari più flessibili e meno gravosi, ambienti tecnologicamente più evoluti, lavoro agile, formazione di qualità e prospettive di crescita professionale”. E in questo quadro “non più eludibile” è il tema della partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese, su cui la Cisl presenterà a breve un disegno di legge di iniziativa popolare.

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