L’Osservatorio Riparte l’Italia ha avviato un percorso di approfondimento sul tema della Ripartenza della Scuola in questo nuovo anno 2021. Il primo ospite delle nostre interviste è Elena Donazzan, Assessore all’Istruzione – Formazione – Lavoro – Pari opportunità della Regione Veneto
Nell’inizio di Ripartenza che il nostro Paese ha vissuto al termine della prima ondata dei contagi, il mondo della scuola ha rivestito un ruolo di primaria importanza. Quale pensa potrà essere il ruolo che rivestirà quando, al termine della seconda ondata, si riavvierà l’intero sistema Paese, quindi con una ripartenza più strutturata e che tutti ci auguriamo essere più duratura nel tempo?
La scuola ha bisogno di serenità e invece tutta questa situazione – iniziata a febbraio e non ancora terminata – è stata caratterizzata da contraddizioni e inadeguatezza nella valutazione delle priorità, come – ad esempio – anteponendo la spesa per i banchi con le rotelle ad una effettiva dotazione di strumenti per la didattica a distanza: a tutto ciò va sommata una totale incapacità nella programmazione del fabbisogno dei docenti per la scuola italiana, problema strutturale ma esacerbato dalla situazione. Il ruolo della scuola resta quello fondativo di una comunità e di una Nazione. Non si può immaginare una comunità consapevole, critica e capace di costruire il proprio futuro senza investire nella scuola, ed invece abbiamo passato tutti questi mesi ad attendere soluzioni fatalistiche.
In questi mesi si è molto dibattuto di alcuni temi strettamente legati al mondo della Scuola, come la Didattica a distanza, i Trasporti locali, il Digital Divide e lo stato delle infrastrutture scolastiche. Nel suo territorio, avete individuato iniziative o soluzioni utili a circoscrive al meglio queste problematiche per poterle superare in maniera efficace?
La scuola è competenza esclusiva dello Stato, ma la Regione del Veneto ha deciso di rafforzare i legami istituzionali condividendo scelte e responsabilità con l’Ufficio Scolastico Regionale del Veneto (che ricordo essere ufficio periferico del Ministero). Abbiamo poi investito nelle “nostre scuole” della formazione professionale, per aiutarle ad acquistare strumentazione adeguata. Siamo andati in sostegno delle famiglie numerose e abbiamo utilizzato risorse comunitarie della Regione per fare formazione ai docenti sulla DAD.
L’aspetto sociale e relazionale della presenza scolastica è stata da tutti riconosciuta come elemento fondante del processo di crescita degli alunni. Fermo restando il rispetto dei decreti emanati a tutela della salute di tutti i cittadini, avete individuato nel vostro territorio delle soluzioni sostenibili per garantire comunque le lezioni in presenza al maggior numero possibile dei vostri alunni?
La scuola è relazione, ed i giovani sono portati per natura ad una socializzazione spontanea resa difficile dalle regole imposte. Per questo il Veneto per l’anno scolastico 2020/21 ha insistito, riuscendo, per tenere aperte la scuola primaria e secondaria di primo grado. Riteniamo infatti che per i bambini e per i ragazzi delle medie la didattica a distanza sia un danno, non una metodologia, e spero sia il più possibile ridotta anche per le scuole superiori. Abbiamo agevolato i dirigenti scolastici elaborando d’intesa con l’USRV uno strumento di facile utilizzo: un manuale operativo per definire distanziamenti, soluzioni possibili, modelli organizzativi. Questo ha contribuito a dare un po’ di serenità a chi doveva assumere decisioni.
Un altro tema particolarmente dibattuto in questo periodo è stato quello legato al corpo docente che da un lato riveste un ruolo fondamentale nella diffusione delle competenze, ma dall’altro ha presentato delle difficoltà negli ultimi mesi, sia per quanto riguarda il reperimento di un numero sufficiente di docenti che per la formazione necessaria per portare a compimento le sfide che l’epidemia ha imposto al mondo della scuola. Avete pianificato interventi in tal senso, e, in caso positivo, con quali modalità?
Il vero fallimento della scuola italiana è il reclutamento, e questo non solo in epoca covid-19. Non ci sarebbe nulla di più semplice che programmare le assunzioni e le immissioni in ruolo perché, banalmente, si sa quanti bambini sono nati nel 2020 e quanti entreranno dunque nella scuola dell’obbligo nel 2026. Invece è un caos, quest’anno più che mai, con il 54% dei docenti di sostegno precari solo in Veneto, con ancora posti vacanti a novembre e con un esercito di insegnanti precari storici licenziato nel luglio scorso con la promessa di un futuro concorso, ed intanto riassunto con contratti a tempo determinato.
Secondo la Banca Mondiale, quasi 7 milioni di studenti dall’istruzione primaria a quella secondaria potrebbero abbandonare gli studi a causa dello shock economico sociale prodotto dalla pandemia. State provando ad arginare questo fenomeno nel vostro territorio? In quale modo?
Anche la “ricca Europa”, e quindi l’Italia ed il Veneto, rischiano un impoverimento drammatico che potrebbe portare ad un abbassamento della soglia di istruzione. La nostra è una Nazione di grande civiltà e cultura, e l’obbligo scolastico e la quasi totale gratuità aiutano a limitare il danno, ma il pericolo si sposta nei percorsi universitari che potrebbero registrare i numeri di abbandono più grandi. Stiamo seguendo con le Università del Veneto l’andamento delle iscrizioni, e come Regione sono molto attenta a rendere pieno il diritto allo studio e ad agevolare il rapporto tra imprese e lavoro, per dare un messaggio convincente ai giovani, per avvicinarli a percorsi di studio con possibilità di sbocchi professionali.
Nel 2021 arriveranno le risorse economiche stanziate dall’Unione Europea per far fronte all’emergenza mondiale. Come possono essere concretamente utilizzate queste risorse per mettere le basi per una vera ripartenza del mondo della scuola? Quali le priorità?
Non tutto si fa con i soldi, e questo vale soprattutto per la scuola. La priorità è una più efficiente organizzazione, con una programmazione almeno per ciclo di studi dei docenti, ed una programmazione territoriale per evitare sradicamenti e pendolarismi da una regione all’altra d’Italia con costi economici e sociali per i docenti, docenti a cui dovrebbe essere aumentato lo stipendio anche in base al merito e alla valutazione.
Sempre nella “scuola che vorrei” mi piacerebbe tornare a parlare di dirigenti scolastici con capacità decisionale, anche nella scelta dei propri insegnanti, così come avviene nelle scuole della formazione professionale del Veneto. Vorrei che il concorso tenesse conto dell’esperienza e non della conoscenza solamente, perché un bravo insegnante non è solo colui che sa, ma è chi sa insegnare e far amare la materia. La scuola è la realtà con la più alta percentuale di capitale umano, ed è quella che lo considera meno.
Un altro tema particolarmente significativo per la ripartenza del nostro Paese è il rapporto che esiste tra il mondo della scuola e quello del lavoro. Avete realizzato iniziative per integrare maggiormente questi due mondi e facilitare una veloce transizione per i ragazzi?
Negli ultimi 15 anni ho passato il mio tempo e concentrato gli sforzi del mio Assessorato per rendere effettivo il rapporto tra scuola e lavoro. Solo a titolo esemplificativo:
- 20 mila ragazzi della scuola della formazione professionale finanziata dalla Regione del Veneto in piena relazione con il mondo produttivo, soprattutto delle piccole aziende;
- promozione di tutti gli strumenti richiesti dal mondo del lavoro per l’inserimento nel mondo del lavoro, tra i quali lo stage (anche all’estero);
- conoscenza delle lingue straniere con l’ottenimento di una certificazione (soprattutto inglese e tedesco, visti i legami del Veneto con i vicini Paesi germanofoni);
- sostegno dei protocolli di alternanza scuola-lavoro, anche difendendo questo strumento da letture ideologiche e riduzioniste (ricordo che siamo stati i primi a farlo anche per i licei e siamo ad oggi gli unici ad avere previsto alternanza scuola-lavoro per i docenti);
- abbiamo creduto ed investito 15,7 milioni di euro nell’ultimo quinquennio nei percorsi degli ITS i cui esiti occupazionali, quando non vanno bene, superano l’85% grazie al fatto che in Veneto (a differenza di altre regioni) a presiedere le fondazioni ITS-Academy c’è sempre un imprenditore.
Una delle conseguenze più gravi della pandemia potrebbe essere quella di esacerbare ulteriormente l’esclusione e la disuguaglianza di alcuni gruppi sociali, già emarginati e vulnerabili, come le minoranze etniche e le persone con disabilità, che sono stati maggiormente colpiti dalla chiusura delle scuole. Avete in cantiere delle proposte concrete per evitare che questo accada?
L’attenzione è massima verso gli studenti con disabilità, per i quali – nello spazio di competenza che la Costituzione lascia nell’ambito dell’istruzione – la Regione ha definito quale priorità all’interno dei percorsi nelle scuole paritarie, laddove il Buono Scuola a copertura delle spese riconosce alla famiglia dello studente disabile l’intero importo a prescindere dal reddito, per fare in modo che l’insegnante dedicato a questo studente sia garantito e possibilmente stabilizzato. Le minoranze etniche non vanno considerate come tali, perché il percorso deve essere quello di una piena inclusione e quindi devono essere trattati esattamente come tutti gli studenti.
Infine, il nostro Osservatorio ha elaborato, nel Paper presentato prima del periodo Natalizio, cinque proposte concrete per far ripartire il mondo della scuola (consultabili qui). Potrebbe commentarle e, nel caso, integrarle? Le ritiene attuabili nel suo territorio?
In una scala di priorità da 1 (minimo) a 5 (massimo), dato 4 a “La società e il mondo produttivo” (non credo nelle lauree professionalizzanti), tutte le restanti proposte meritano un 5 pieno. Mi sono permessa di introdurre due piccoli contributi, che sottolineo: affiancare una seria programmazione alla riforma strutturale che si vuole attuare e adottare una valutazione del merito e una premialità per il corpo docenti.