“Il femminismo è morto, come ha sostenuto qualche giorno fa la storica Lucetta Scaraffia?
O invece è più vivo che mai, come le è stato prontamente ribattuto?”.
Luca Ricolfi sul Messaggero pone i due quesiti e scrive: “Probabilmente sono vere entrambe le cose: il femminismo è vivo, ma ha ben poco a che fare con quello storico.
Ma in che cosa il nuovo femminismo si allontana da quello storico?
Secondo la scrittrice Elena Loewental, gli episodi di intolleranza che si sono verificati nella settimana scorsa sono intrisi di ‘un oscurantismo conservatore tremendamente retrogrado’, e la vera cifra delle nuove femministe sarebbe l’antisemitismo.
Io capisco pienamente lo sconcerto di Elena Loewenthal, come ebrea che difende le ragioni di Israele, come donna che non può accettare il silenzio delle femministe sulle violenze e gli stupri di Hamas verso le donne israeliane, come scrittrice che inorridisce di fronte all’intolleranza di chi – nella settimana dell’8 marzo– ha provato a impedire con la forza dibattiti e presentazioni di libri non graditi.
E tuttavia c’è qualcosa che vorrei aggiungere a questa diagnosi.
Certo – sottolinea – nel femminismo di oggi c’è anche dell’antisemitismo.
Il punto, però, è che c’è molto di più.
Il femminismo di oggi si distingue da quello di ieri perché ne ha smarrito il tratto essenziale e fondativo, ossia l’universalismo.
Nel femminismo storico convivevano idee molto diverse su emancipazione, liberazione, differenza, lotta di classe, ma l’universalismo non era in discussione.
A una femminista storica non sarebbe mai venuto in mente che potesse esistere una gerarchia fra vittime di serie A, serie B, serie C, e di conseguenza un differente diritto alla protezione, alla tutela, all’attenzione politica e mediatica.
E, ancora meno, sarebbe venuto in mente che in questa grottesca graduatoria potessero avere un ruolo caratteri ascritti come razza, etnia, nazionalità, o che qualcosa potessero centrare le scelte politiche delle donne, o dei governi sotto i quali vivono.
Eppure è questo che sta succedendo, non solo dopo il 7 ottobre.
Quindi sì, il femminismo classico è morto, e il neo-razzismo che ne ha preso il posto è un ‘oscurantismo retrogrado’, che ha in odio la libertà di parola e non disdegna metodi squadristici, nelle piazze, dentro le università, nelle librerie.
Possibile – conclude – che né il mondo progressista, né i suoi partiti-guida, avvertano il pericolo?”.








