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Calo demografico, una soluzione c’è | L’intervento di Elena Ugolini

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Finalmente una buona notizia. A Marcon (Venezia) le nascite sono triplicate dopo che San Marco Group ha introdotto un bonus bebé da 6.000 euro e ha raddoppiato il congedo di paternità. La notizia, ripresa dai quotidiani nazionali, dimostra che il welfare aziendale può giocare un ruolo importante nella sfida dell’emergenza demografica.

Allo stesso tempo è la conferma che la denatalità non è frutto solo di un fattore culturale. Se in Italia, nel 2024, ci sono state appena 370.000 nuove nascite, il minimo storico (un numero inferiore agli anni della Prima e della Seconda Guerra Mondiale), le cause sono anche economico-sociali. Tant’è vero che la nascita di un figlio è la seconda causa di povertà dopo la perdita del lavoro.

Perciò è fondamentale sostenere le giovani coppie, creando un terreno favorevole al loro desiderio di paternità e maternità. Stando ai dati ISTAT, questo desiderio esiste nei giovanissimi, ma a un certo punto viene accantonato. La stragrande maggioranza dei ragazzi tra 11 e 19 anni sogna una famiglia; poi, crescendo, la paura prende il sopravvento, il futuro spaventa, l’insicurezza lavorativa, abitativa e non solo, modifica i progetti di vita. La mentalità dominante si può modificare in tempi lunghi, mentre sul piano economico-sociale si può intervenire subito. Dipende dalla volontà delle istituzioni, che devono porre la questione demografica in cima alle priorità.

Rimuovere gli ostacoli che le giovani coppie incontrano sul loro percorso è l’obiettivo anche dell’Intergruppo Demografia che ho proposto all’inizio della nuova legislatura della Regione Emilia-Romagna, trovando un accordo trasversale a cui hanno aderito 36 consiglieri su 50. Proprio in queste settimane siamo al lavoro per costruire una prima legge di sostegno alla genitorialità. È fondamentale trovare un terreno di lavoro comune di fronte a un’emergenza che è davanti agli occhi di tutti. Nella nostra Regione siamo passati da 42.000 nati nel 2008 ai 28.000 del 2024, una diminuzione del 30% che ha radici lontane e avrà un impatto devastante nel futuro. Saremo sempre di più una popolazione di anziani, molte volte soli, con malattie croniche, con grandi ripercussioni sul sistema sanitario e dell’assistenza sociale, sui servizi, sul mondo del lavoro, ma anche sul mondo dell’istruzione e formazione. Pensare che in Italia nel giugno 2025 hanno fatto la maturità 560.000 studenti, e che, come anticipato, nel 2024 ci sono stati 370.000 nati, fa capire l’entità del problema.

Occorrono interventi strutturali dentro una visione complessiva di lungo periodo. Non bastano misure spot, politiche temporanee o parziali. Per invertire la tendenza, o almeno arrestarla, occorrono interventi in tutti gli ambiti. Le giovani coppie devono essere sostenute nel trovare un alloggio adeguato; con servizi sanitari ed educativi, almeno nella fascia 0-6 anni, fruibili e facilmente accessibili; con politiche di welfare genitoriale sul posto di lavoro; nelle situazioni di fragilità e di bisogni particolari, ad esempio i bambini con disabilità. Anche alcune materie di più stretta competenza nazionale, come le politiche fiscali, possono essere riviste con lo stesso intento.

Dentro questo quadro, il ruolo delle imprese è decisivo. Il caso San Marco Group è un esempio perfetto. Un’azienda che sceglie di sostenere i neo-genitori, di rendere più sostenibile il tempo della paternità, di investire nel benessere dei lavoratori, contribuisce a quel “terreno favorevole” di cui parlo spesso. E i numeri dimostrano che il tasso di natalità cresce se aumenta la fiducia. E la fiducia cresce quando le persone vedono che non sono sole: che l’azienda fa la sua parte, che la Regione non promette bonus temporanei ma costruisce interventi strutturali, che la comunità accompagna le scelte più delicate della vita. È la direzione che ci siamo dati e su cui continueremo a lavorare.

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