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Banca Mps: ecco i nuovi soci dello Stato | Lo scenario

Sono quasi 150 gli investitori istituzionali che lunedì 20 in poche ore hanno acquisito un quarto del capitale di Mps.

In prima fila i grandi asset manager americani da Wellington Management a Vanguard fino a D.

E. Shaw e BlackRock, che complessivamente si sono aggiudicati quasi il 10% della banca senese, con ticket medi compresi tra l’1% e l’2% del capitale.

Al loro fianco, scrive MF-Milano Finanza, si sono mossi gli inglesi Melqart, Stone Point Capital, Tosca Fund e Algebris (fondata dall’italiano Davide Serra) e gli svizzeri di Psquared Asset Management.

Ma la privatizzazione parziale del Montepaschi ha coinvolto anche alcuni dei principali player del risparmio italiano, da Intesa Sanpaolo (Fideuram e Eurizon) a Mediolanum, da Azimut a Anima fino a Kairos, la boutique fondata da Guido Maria Brera e recentemente acquisita proprio da Anima.

Molti di questi soggetti erano già azionisti di Mps e hanno scelto di arrotondare le partecipazioni alla luce delle buone performance della banca, dell’alleggerimento del fardello legale e soprattutto del rinnovato appeal speculativo legato proprio alla privatizzazione.

Proprio ieri l’analista di Deutsche Bank Giovanni Razzoli ha evidenziato il potenziale dell’istituto in un’ampia nota agli investitori: oggi Mps è l’ottava banca europea (e prima italiana) per patrimonializzazione con un coefficiente Cet1 superiore al 17% e la quarta europea più economica con un multiplo prezzo/capitale tangibile di poco superiore a 0,3 volte, “il che implica una percezione errata del profilo di rischio dell’istituto”, spiega Razzoli, sottolineando anche che “dopo le recenti sentenze favorevoli, i rischi legali per la banca sono diminuiti del 30% ed è possibile che diminuiscano ulteriormente, migliorando ulteriormente la percezione del rischio”.

Il 27 novembre peraltro ci potrebbe essere la sentenza d’appello sul caso Viola-Profumo.

Razzoli fa notare anche che oggi l’80% del valore del titolo Mps è rappresentato da eccesso di capitale (0,8 euro) e dal valore attuale delle attività fiscali (1,3 euro), con le operazioni bancarie valutate solo 0,6 euro, ossia circa 750 milioni, nonostante la ritrovata redditività del business.

L’analisi di Deutsche Bank fa infine un parallelismo tra la vicenda Mps e quella delle banche greche che, dopo la crisi, hanno registrato una rivalutazione del multiplo prezzo/patrimonio tangibile da 0,5 a 0,65 volte e una crescita addizionale dei titoli del 27% rispetto all’indice delle banche europee.

La scommessa del mercato è che Rocca Salimbeni possa beneficiare di un trend simile.

Nemmeno la caduta registrata ieri dal titolo (-7,94% a 2,83 euro) ha preoccupato gli investitori.

L’andamento viene giudicato una reazione fisiologica al collocamento: con i titoli delle banche medie come Banco Bpm e Bper in calo del 3,7%, la discesa delle azioni di Siena rispecchia lo sconto superiore al 4% applicato alla cessione del 25%.

Concluso il collocamento sono già partite le speculazioni sulle prossime mosse del Tesoro.

Ora via XX Settembre è al 39% della banca senese, una maggioranza relativa che consentirà di condurre in porto l’aggregazione ma che non dovrebbe risultare troppo ingombrante per il futuro partner.

Al momento della fusione infatti il socio pubblico scenderà sotto il 20%, attestandosi su una soglia lontana da quella del controllo di fatto.

Questo elemento di governance sarà un ulteriore incentivo per le nozze.

Le tempistiche?

L’intenzione del governo Meloni è quella di completare la exit entro il 2024, come concordato con la DgComp di Bruxelles.

In prima fila c’è Banco Bpm che, con il Tesoro diluito nel capitale di Siena, potrebbe tornare a guardare con attenzione al dossier.

Si specula anche su Unicredit, che però difficilmente farà qualsiasi mossa prima della nomina del nuovo cda prevista per aprile.

Sul mercato circolano anche altre ipotesi.

Per esempio, sul dossier potrebbe intervenire una cordata capitanata da una grande banca come Intesa Sanpaolo ma composta anche da istituti medi come Bper, Mediocredito Centrale e, di nuovo, Banco Bpm.

Tornando al collocamento, i joint global coordinators e joint bookrunners Ubs, Bofa e Jefferies avrebbero incassato una commissione inferiore al 3%, in linea con quelle di mercato.

L’avvio della privatizzazione ieri ha tenuto banco anche nel mondo politico.

“Anche l’avvio della privatizzazione di Mps è un segnale che va nella giusta direzione di un’economia dove ci deve essere meno Stato e più impresa”, ha commentato il vicepremier e ministro degli esteri Antonio Tajani.

Eugenio Giani, presidente della Regione Toscana, ha invece puntualizzato di attendersi “innanzitutto il grazie a chi, come me, tre anni fa si oppose decisamente e duramente al fatto che fosse sostanzialmente svenduta ad Unicredit.

Ora io spero che si vada nel senso del matrimonio”, ha sottolineato.

Commenti positivi sono arrivati dal fronte internazionale.

Per il quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung la vendita è stata “una svolta storica, che dà alla banca e al governo la speranza di una ripresa sostenibile”.

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