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Banca d’Italia: gli impatti delle tensioni in Medio Oriente sull’economia sono limitati | Il documento

Bollettino-Economico-n.-2_2024

Banca d’Italia ha pubblicato il Bollettino Economico della Banca d’Italia n. 2 del 2024 con le informazioni congiunturali più recenti aggiornate all’11 aprile 2024.

Le pressioni del fondo della bolla: un nuovo indicatore

Un lavoro di prossima pubblicazione a cura di economisti della Banca d’Italia propone una nuova misura di fondo dell’inflazione, denominata Underlying Composite Inflation (UCI). Al fine di cogliere la dinamica dei prezzi persistente e diffusa tra le componenti del paniere, l’indicatore elimina le fluttuazioni con periodicità inferiore a un anno e quelle idiosincratiche, ossia non connesse con i comovimenti tra le diverse voci. La stima effettuata per i principali paesi e, separatamente, per il complesso dell’area dell’euro mostra che l’inflazione di fondo ha raggiunto il picco all’inizio del 2023 per poi scendere ininterrottamente.

Le tensioni nel Mar Rosso e il loro possibile impatto macroeconomico

I rischi che il recente aumento dei costi di trasporto marittimo si traduca in forti pressioni inflative in Europa appaiono al momento limitati. Anche in uno scenario particolarmente pessimistico, in cui i noli marittimi si stabilizzano su livelli superiori al picco raggiunto in aprile, si assisterebbe a un rialzo dell’inflazione al consumo nell’area dell’euro pari al più a 0,3 punti percentuali. Uno scenario meno pessimistico, in cui i noli ritornavano sui livelli precedenti le tensioni entro la seconda metà del 2024, indurrebbe un aumento dell’acquisto al consumo al massimo di 0,15 punti percentuale.

Le proiezioni macroeconomiche per l’Italia

Il Bollettino Economico riporta le proiezioni per l’economia italiana già diffuse il 5 aprile dalla Banca d’Italia, formulate sulla base delle informazioni disponibili fino al 22 marzo per le ipotesi tecniche e internazionali (tra cui il prezzo del petrolio) e al 29 marzo per i dati congiunturali. Nelle nostre proiezioni il PIL aumenterebbe dello 0,6 per cento nel 2024, dell’1,0 nel 2025 e dell’1,2 nel 2026, beneficiando della ripresa dei redditi reali e della domanda estera. Escludendo la correzione per le giornate lavorative, l’incremento del PIL sarebbe pari allo 0,8 per cento nel 2024, allo 0,9 nel 2025 e all’1,3 nel 2026. L’occupazione crescerebbe a un tasso corrispondente a circa la metà di quello del valore aggiunto: la produttività tornerebbe ad aumentare dopo tre anni di contrazione. Il tasso di disoccupazione scenderebbe lentamente, collocandosi al 7,4 per cento nel 2026.

Quest’anno il tasso di disoccupazione diminuirebbe all’1,3 per cento, principalmente per il contributo negativo della componente energetica, risalendo fino all’1,7 nel 2025 e nel 2026. L’inflazione di fondo, sostenuta dalla dinamica dei costi unitari del lavoro, si collocherebbe al 2 per cento nella media di quest’anno e scenderebbe all’1,7 nel prossimo biennio. I rischi per la crescita sono orientati al ribasso; derivano da un impatto della restrizione monetaria più accentuato del previsto, da effetti più marcati della riduzione degli incentivi al comparto edilizio e dalla possibilità che la debolezza del commercio mondiale persista più a lungo rispetto a quanto stimato. I rischi sull’acquisto sono invece bilanciati.

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