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“L’Italia è indietro sul 5G standalone, ma può guidare la trasformazione digitale” | L’analisi di Andrea Missori, presidente di Ericsson Italia

“Il 5G “vero, quello standalone, è finalmente arrivato anche in Italia, ma la sfida ora è trasformarlo in motore concreto della competitività nazionale”.

Lo ha spiegato Andrea Missori, presidente e amministratore delegato di Ericsson Italia e vicepresidente di Asstel, in occasione dell’inaugurazione della nuova sede dell’azienda all’Eur, a Roma, pochi giorni dopo l’evento milanese “Changing the Game” dedicato alla trasformazione digitale e al futuro delle telecomunicazioni.

Dobbiamo cambiare le regole del gioco – ha dichiarato Missori -. L’Italia è indietro rispetto al resto d’Europa, e l’Europa è indietro rispetto a Stati Uniti e Asia, dove il 5G standalone è già la spina dorsale dello sviluppo tecnologico. Se vogliamo colmare questo divario, dobbiamo fare sistema: governo, regolatori, operatori, partner tecnologici e over the top devono lavorare insieme per creare un ecosistema sostenibile”.

A oggi, nel mondo, solo 80 operatori su oltre 630 hanno lanciato servizi 5G standalone, e oltre il 90% degli utenti si concentra tra Stati Uniti, India e Cina. “In Europa – ha osservato Missori – appena il 2% degli utenti ha una connettività standalone. È un dato che deve far riflettere. Colmare questo divario è fondamentale per permettere alle imprese italiane di accedere a tecnologie avanzate e trasformarle in vantaggio competitivo concreto”.

Tra i nodi principali, Missori ha richiamato il peso delle frequenze, che in Italiasono costate più che in qualsiasi altro Paese al mondo”. “Nel 2019 – ha ricordato – gli operatori hanno pagato oltre 6,5 miliardi di euro per le frequenze 5G. A distanza di anni, non c’è ancora stato un ritorno sugli investimenti. È necessario un cambio di paradigma: invece di tassare ulteriormente il comparto, bisogna creare le condizioni per investire, prevedendo ad esempio un rinnovo non oneroso delle frequenze nel 2029, a fronte di impegni concreti sulla costruzione delle reti”.

Altro tema cruciale è quello della net neutrality. “La vecchia neutralità della rete – ha spiegato il manager – non si applica al paradigma del 5G standalone. Serve una versione più agile, che consenta connettività differenziata e servizi specializzati. È paradossale che nel mondo dei contenuti si possano offrire abbonamenti standard o premium, mentre le telecomunicazioni sono costrette a un solo modello valido per tutti”.

Guardando all’Europa, Missori ha richiamato i rapporti Letta e Draghi consegnati al Consiglio e alla Commissione von der Leyen, che indicano le telecomunicazioni tra i pilastri della futura competitività europea. “Mi piacerebbe – ha detto – che le aziende europee ricevessero lo stesso tipo di supporto che americani, cinesi o indiani hanno nei rispettivi Paesi. In Europa abbiamo pochi campioni tecnologici, ma non sempre li sosteniamo con la stessa determinazione”.

Il manager ha poi ricordato alcuni casi internazionali che mostrano il potenziale della nuova connettività: “Negli ospedali di Singapore si fanno chirurgie da remoto, a San Francisco i taxi si muovono senza autista, in Grecia la connettività FWA premium sta rivoluzionando il turismo e i servizi digitali. Anche l’Italia può e deve fare questo salto”.

Missori ha infine sottolineato il valore sociale della transizione digitale, in particolare per la sanità. “La migrazione interregionale sta mettendo in crisi il sistema sanitario – ha osservato -. Quante persone che oggi si spostano da Reggio Calabria a Milano potremmo gestire da remoto grazie al 5G standalone? Serve una strategia di comparto, in cui ospedali, ministeri, operatori e investitori lavorino insieme”.

Gli italiani – ha concluso Missorihanno sempre saputo innovare. Abbiamo la ricerca, la capacità industriale e la voglia di fare. È tempo di muoverci, tutti insieme, per cambiare davvero il gioco”.

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