Gay, teoria gender, matrimonio e divorzio, autodeterminazione delle donne in tema di aborto. Tutte le realtà riassunte nell’acronimo LGBT+ (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transgender e + indica che talvolta si aggiunge Q per queer, ossia “diverso”; a volte si usa la variante LGBTU dove U indica il diverso) inquietano i sonni di tanti cristiani e, in particolare disturbano la tranquillità di cattolici che hanno ereditato vecchie culture problematiche sulla sessualità. Nel pensiero di Dio svelato nel Libro della sua Parola, la sessualità, invece, è costitutiva della persona umana e quindi in sé magnifica in quanto risponde alla creazione voluta da Dio che fece buone tutte le cose. Il cammino della Chiesa cattolica per una evoluzione in queste materie è lento, circospetto quando non addirittura contrastato. Si teme, in particolare, che l’agenda sulla liberazione della donna sia dettata dai movimenti femministi piuttosto che dalla fedeltà alla Parola di Dio.
La fatica e l’accortezza sull’evoluzione dell’antropologia cristiana rispetto al percorso già compiuto dalle culture laiche meno ideologiche, è testimoniata in modo emblematico da papa Francesco che si è fatto carico di accelerare il traguardo di una Chiesa riformata in consonanza con il concilio Vaticano II. Sono passati 60 anni dalla conclusione di quell’evento e l’aggiornamento richiesto non è ancora del tutto completato. Francesco ha accelerato il passo su tante questioni sociali (pace, ambiente, giustizia). Più a rilento ma non privo di novità sulla famiglia (cfr. esortazione Amoris laetitia conclusiva del sinodo sulla famiglia), ma su una questione attuale e scottante per la Chiesa cattolica – il gender – appare prudentissimo: intende contemperare insieme il vecchio e il nuovo, tiene in conto il timore dei fedeli tradizionalisti e la spinta degli aperturisti.
Tutti ricorderanno la sua risposta diventata celebre a proposito dei gay: “Chi sono io per giudicare?”, successivamente completata da una confessione: “Nella mia vita di sacerdote, di vescovo, anche di Papa – ha risposto ai giornalisti nel volo di ritorno da Baku il 2 ottobre 2016 -, ho accompagnato persone con tendenza omosessuale e anche con pratiche omosessuali. Le ho accompagnate, le ho avvicinate al Signore, alcuni non possono, ma le ho accompagnate e mai ho abbandonato qualcuno. Questo è ciò che va fatto. Le persone si devono accompagnare come le accompagna Gesù. Quando una persona che ha questa condizione arriva davanti a Gesù, Gesù non gli dirà sicuramente: “Vattene via perché sei omosessuale!”, no. Quello che io ho detto riguarda quella cattiveria che oggi si fa con l’indottrinamento della teoria del gender.
Mi raccontava un papà francese che a tavola parlavano con i figli – cattolico lui, cattolica la moglie, i figli cattolici, ma all’acqua di rose, però cattolici – e ha domandato al ragazzo di dieci anni: “E tu che cosa voi fare quando diventi grande?” – “La ragazza”. E il papà si è accorto che nei libri di scuola si insegnava la teoria del gender. E questo è contro le cose naturali. Una cosa è che una persona abbia questa tendenza, questa opzione, e c’è anche chi cambia il sesso. E un’altra cosa è fare l’insegnamento nelle scuole su questa linea, per cambiare la mentalità. Queste io le chiamo “colonizzazioni ideologiche”.
Il giorno precedente rispondendo a una donna durante l’incontro con gli operatori pastorali in Azerbaigian, Francesco aveva detto: “Tu, Irina, hai menzionato un grande nemico del matrimonio, oggi: la teoria del gender. Oggi c’è una guerra mondiale per distruggere il matrimonio. Oggi ci sono colonizzazioni ideologiche che distruggono, ma non si distrugge con le armi, si distrugge con le idee.
Pertanto, bisogna difendersi dalle colonizzazioni ideologiche”. Sul gender Francesco è intervenuto più volte ma sempre con poche battute negative. Anche di recente. Ricevendo l’1 marzo i partecipanti al convegno “Uomo-donna immagine di Dio. Per un’antropologia delle vocazioni” in un breve intervento a braccio, preliminare del discorso poi, a causa del raffreddore, letto da un suo collaboratore, Francesco ha detto: “E’ molto importante che ci sia questo incontro, questo incontro fra uomini e donne, perché oggi il pericolo più brutto è l’ideologia del gender, che annulla le differenze. Ho chiesto di fare studi a proposito di questa brutta ideologia del nostro tempo, che cancella le differenze e rende tutto uguale; cancellare la differenza è cancellare l’umanità. Uomo e donna, invece, stanno in una feconda “tensione”.
Vatican News ha ricordato che il papa “in numerose occasioni in passato” ha condannato l’ideologia del gender in quanto “colonizzazione ideologica”, “sbaglio della mente umana”, “espressione di frustrazione e rassegnazione”, “tsunami”, “guerra al matrimonio” oppure “nefasta” e “pericolosissima”, come l’ultima volta nel discorso di inizio anno al Corpo diplomatico lo scorso 8 gennaio. “La via della pace – chiarì allora Francesco – esige il rispetto dei diritti umani, secondo quella semplice ma chiara formulazione contenuta nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, di cui abbiamo da poco celebrato il 75° anniversario. Si tratta di principi razionalmente evidenti e comunemente accettati. Purtroppo, i tentativi compiuti negli ultimi decenni di introdurre nuovi diritti, non pienamente consistenti rispetto a quelli originalmente definiti e non sempre accettabili, hanno dato adito a colonizzazioni ideologiche, tra le quali ha un ruolo centrale la teoria del gender, che è pericolosissima perché cancella le differenze nella pretesa di rendere tutti uguali.
Tali colonizzazioni ideologiche provocano ferite e divisioni tra gli Stati, anziché favorire l’edificazione della pace”. Finora il documento vaticano più importante sul tema gender è stata la Lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede del 2004, pubblicata con il titolo “Sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo”. Sul gender, il 2 febbraio 2019 il Dicastero vaticano dell’Educazione cattolica, come si chiamava prima della riforma della Curia Romana, aveva pubblicato un documento ufficiale dal titolo “Maschio e femmina li creò – Per una via di dialogo sulla questione del gender nell’educazione”.
Un testo di 29 pagine che probabilmente non ha risolto il problema in forma del tutto soddisfacente se Francesco lo scorso 1 marzo mentre dava un giudizio negativo sull’ideologia del gender aggiungeva: “Ho chiesto di fare studi a proposito di questa brutta ideologia del nostro tempo, che cancella le differenze e rende tutto uguale; cancellare la differenza è cancellare l’umanità. Uomo e donna, invece, stanno in una feconda tensione”. Non si ha notizia di questi ulteriori studi richiesti dal papa. Si tratta pertanto di una posizione attendista, non definitiva. Bisogna infatti riconoscere che la teologia cattolica è in pieno fermento di studio sul tema. E si sa che il dialogo tra magistero e teologi – non sempre facile nel passato – ora sembra vivere una nuova stagione.
A papa Francesco piacciono quei teologi che fanno teologia “in ginocchio” ossia che sono mossi da competenza e da una forte coerenza cristiana nella loro indagine scientifica. Di loro si fida. In attesa di qualche risultanza di studi non meglio precisati chiesti da Francesco, è interessante la crescente attenzione che da parecchi anni si osserva nella produzione teologica cattolica nella quale uno speciale contributo sta venendo dalle teologhe sempre più numerose e preparate.
In effetti viene rilevato e, forse, imitato sempre più “il loro modo equilibrato di accogliere la prospettiva del gender”. “L’era della cristianità – sottolinea il cardinale Marc Ouellet che con l’accordo della Santa Sede ha fondato e dirige dal 2020 le Centre de recherche et d’anthropologie des vocations, CRAV – è finita e una nuova era nella trasmissione del patrimonio culturale e spirituale dei cristiani richiede ai credenti di tutto il mondo di riposizionarsi di fronte a un ambiente che è diventato estraneo, indifferente o addirittura ostile, anche nei Paesi tradizionalmente cattolici.
Una delle aree più sorprendenti di questo cambiamento epocale è l’antropologia, dove l’eclissi dei riferimenti religiosi e la crescente autorità delle scienze umane stanno dando vita a un panorama di visioni contrastanti dell’essere umano. Queste oscillano tra uno spiritualismo distaccato dalla condizione corporea e un materialismo che riduce tutte le aspirazioni trascendenti a dati biopsichici tecnicamente controllabili. Non possiamo più sognare un ritorno a uno stato di cose precedente, dopo una ‘tregua’ e un superamento dell’attuale ‘crisi’; dobbiamo pensare in altri termini al futuro del cristianesimo, in un contesto che si aspetta che i cristiani trovino un nuovo paradigma per testimoniare la loro identità […] Siamo all’alba di un salto qualitativo per la specie umana,- si chiede Ouellet – sulla cuspide di una mutazione transumanista, resa possibile dalla tecno-scienza e dall’eccesso di comunicazione, e stimolata dalla proliferazione di esperimenti biomolecolari, transgender e spaziali?”.
La confusione “ingenua o subdola circa il significato del concetto di gender – scrive il teologo Aristide Fumagalli in un volumetto dedicato alla “Questione gender, una sfida antropologica” edito da Queriniana – fomenta gli equivoci, alimentando piuttosto che il confronto, lo scontro sociale. Entro questo clima confuso e conflittuale si trova coinvolta, e non potrebbe essere altrimenti, anche la Chiesa cattolica”. A seguito dell’assunzione del termine gender nei documenti della politica internazionale e locale, la Santa Sede e più in genere la Chiesa “ne ammette l’uso, a condizione però che sia vincolato alla differenza biologica di sesso e alla relazione tra uomo e donna”.
“Il pregio della gender theory – puntualizza Fumagalli – è di aver sottratto l’identità sessuale alla sola natura”; il difetto di ritenerla un prodotto della “sola cultura”. Forse la soluzione giusta sta nel bilanciare questi due punti di vista, ma per il momento una sintesi pienamente condivisa tra loro non c’è e questo spiega le riserve cattoliche verso il gender e il fastidio laico verso le posizioni ufficiali cattoliche. L’unica istanza finora avanzata per superare la dura contrapposizione potrebbe essere l’uso del termine queer (strano, diverso) anziché il termine gender (genere) focalizzato sulla spiegazione del genere sessuale quale esito di una costruzione sociale più che come dato puramente biologico.
Un altro teologo cattolico di nuova generazione (nato nel 1981) Luca Castiglioni nel suo trattato sull’uguaglianza battesimale e differenza sessuale, pubblicato di recente nella prestigiosa collana “Biblioteca di teologia contemporanea” dell’editrice cattolica Queriniana, con il titolo “Figlie e figli di Dio” (625 pag.) dedica parecchie pagine alla questione gender, rilevando l’importanza non secondaria del carattere sessuale socialmente costruito delle differenze sessuali e dunque del peso della cultura nella costruzione dell’identità sessuale del soggetto. In altre parole “rende impossibile presentare come evidente e naturale o addirittura di “diritto divino” ciò che è il prodotto di una costruzione sociale”. L’umano sorge sempre “all’incrocio della natura e della cultura”.
In quest’ottica la categoria gender può facilitare “un rinnovamento della riflessione teologica sull’umano”. Quattro punti in particolare segnala Castiglioni tra i benefici della teoria del gender che possono aiutare la riflessione teologica. Permette di onorare la singolarità di ogni donna e ogni uomo liberandolo da ruoli stereotipi, e quindi considerando le donne come soggetti.
Gli studi sul gender hanno fatto emergere “la lunga storia delle relazioni gerarchizzate a scapito delle donne. Si comprende quindi la resistenza a utilizzare la categoria del gender da parte di chi teme di perdere il proprio potere nei rapporti codificati secondo il modello patriarcale, il che è segno della forza di trasformazione politica che accompagna l’uso della prospettiva del gender”. La riflessione attorno al gender attesta anche che “il maschile e il femminile si costruiscono sempre reciprocamente… si apre la strada di un nuovo umanesimo di carattere inclusivo ed è possibile un’analisi più approfondita della parzialità maschile, il che costituisce una vera novità”. Da qui la scelta “di usare in modo critico la categoria del gender senza temere che la trasgressione da questo introdotta implichi necessariamente un rinnegamento dei valori comuni all’umanità”.
Ispirarsi alla teoria del gender inoltre aiuterebbe moltissimo “a ripensare la maschilità per nuove relazioni uomo-donne”. I nuovi studi sulla teoria del gender sono occasione di liberazione anche per gli uomini “che possono finalmente lasciar cadere l’idea di salvaguardare forme di superiorità sulle donne. Ci sono uomini – ritiene Castiglioni – e io fra questi, che vogliono interpretare l’attuale crisi della maschilità come un’occasione di festa, non di perdita”. Indispensabile che gli uomini riconoscano il problema. E magari diventino protagonisti della rivoluzione verso una maschilità più civile, al modo in cui sono state le donne stesse a mettersi alla testa dei movimenti femministi per la lunga marcia verso la piena parità dei diritti.
Se si prende coraggio più dal Vangelo che dalle incrostazioni tradizionali potrebbe consolidarsi l’epoca appena spuntata con il concilio Vaticano II nella quale i cristiani – cattolici compresi – tornano ad essere, con coraggio e mitezza, lievito del cambiamento sociale con l’imitazione della mansuetudine del falegname di Nazaret il quale nell’incontro con ogni persona, anziché giudicare, guariva e liberava. Non imponeva balzelli di alcun genere, ma indicava la possibilità di accogliere il Regno di Dio facendosi suoi imitatori.








